Nino e Elena

(I rimpianti)

(Gli amici)

CONTENTS:


TESTO
 
 
 
 
 
Nino e Elena
(I rimpianti) (Gli amici)
inedito
 
(appunti per un libro mai scritto)

 
 
Antonio Di Cicco (1931-1989) - Nino e Elena (1956)
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Il titolo più o meno deve riguardare tutti. Possibilmente un titolo che originalmente alluda all'età dei personaggi. Questi debbono essere (i principali): Nino, Elena, Giampiero, Ennio, Leonia, Massimo, Luciano.

Giampiero era considerato un ribelle e soprattutto un inquieto. Poi appena trova un posto con quell'orario che si sa allora subito si mette a lavorare, e ``mette la testa a posto''.

Ennio è il vero inquieto e il vero infelice. Tuttavia molto dipende dal fatto che Leonia non lo ha voluto. Carla e Fausto non volevano sposarsi e pensavano a un menage. Si sposano perchè lei è incinta.

Nino è il più equilibrato, il più borghese, apparentemente il più limitato. Elena più di lui. Fidanzamento lungo. Gita a Villalago e incontro col cugino americano. Questi è in villeggiatura per curarsi anche. Reduce dalla Corea. Sua figura e farne vedere l'intima umanità.

Parlare del lavoro dai preti. Amore coniugale con Elena.

Pizza da Albrecht riportando il reale colloquio. Giampiero prende la decisione di lasciare il lavoro per studiare laurearsi e risolvere la vita in modo diverso e soprattutto presto. Salvezza nella vita familiare. Concezione negativa del lavoro e suo carattere protezionistico e raccomandato. Problema dei viaggi all'estero, scapigliatura, esistenzialismo giornaliero, cultura-vita e non cultura mezzo riuscita e peggio ancora sistemazione etc. Tuttavia ad ambedue balena la vista della vita che avrebbero fatto se fossero stati liberi e senza l'assillo della sistemazione. Antinomia tra questi pensieri ed il lavoro da insegnante congeniale e quindi non improduttivo e l'attesa che bisogna necessariamente fare per poterlo fare.

Per Ennio giovarsi della sua ulteriore esperienza.

Per Giampiero può bastare così. Il più sincero di tutti è Massimo, ribelle a tutto con la sua volgarità di uomo libero. Anche in lui un fondo di vigliaccheria e la paura della vita sociale italiana chiusa. Nino e Elena poi litigano. Il ``fidanzamento lungo''. Scoperta la catena di questo amore nella comodità dell'abitudine. Immagini della vita da uomo libero di qualsiasi legame. Contrario: uniformità della vita da fidanzato ufficiale. Complessità della vita. Massimo va soldato. Giampiero ottiene di andare a lavorare solo per mezza giornata. Nino rompe con Elena ma ben presto si ritrova a rimpiangere il passato, la giovinezza che passa irrimediabilmente. Per niente soddisfatto della libertà e dell'imminente viaggio in Germania. Il finale pensato va bene: Come va ? - ``normale'' risponde Nino. In questa normalità, compendio di tutto il libro, sta la tristezza della vita, ma anche la bellezza. Ricorda: niente letterarietà. Niente pseudofilosofia. Vita e basta. Molta azione. Cercare di determinare i problemi e la psicologia dei personaggi attraverso il dialogo.

I rimpianti

I

Arrivati all'angolo aspettarono il passaggio di una macchina spinta a grande velocità poi attraversarono. Camminarono un poco per Viale Manzoni poi si fermarono tutti e tre insieme. Massimo parlava: dovevi vedere. Stavano lì come tanti pecoroni. È venuto da me Gigi e mi voleva parlare. Non gli ho fatto aprire bocca! Siete una massa di leccapiedi ``gli ho detto''. Massimo si rivolgeva soprattutto a Giampiero e Nino accentuava questo fatto tenendosi discosto un poco dagli altri due. ``Io sono sempre un uomo libero - continuava Massimo - e non me ne frega niente di fare la pecora con voi. Insomma te li ho mandati a quel paese e me ne sono andato''. Massimo si accese un'altra sigaretta e sporse un poco in avanti la testa per tentare di fare un cerchio col fumo. Aveva un atteggiamento curioso. Come se stesse assaporando qualcosa tra l'aspro ed il dolce. Sempre così quando raccontava qualcosa che aveva fatto lui. Poteva essere un atteggiamento di attesa di approvazione. Ma Giampiero non aveva voglia di continuare la discussione di quella sera. Giampiero e Massimo abitavano lì vicino. Nino invece doveva prendere il tram e prima doveva fare un poco di strada a piedi. ``Ah Massimo - disse Giampiero sbadigliando e portandosi alla bocca mentre si stirava la mano coi guanti da tremila lire - Io me ne vado a casa. È tardi e ho un sonno! ''

``Addio al Nino'', Addio Mà , Addio Giampiè. Si separarono. Ognuno per la sua strada. Nino si alzò il bavero del cappotto e si allontanò camminando svelto. Abitava lontano in periferia ed aveva fame e sonno. Ogni volta che li vedeva, i suoi amici lo mettevano a terra. Gli facevano sempre lo stesso effetto. In un certo qual modo li ammirava anche se non li capiva del tutto. Erano stati compagni di scuola al liceo e poi all'Università avevano continuato a vedersi.

Poi Nino si era fidanzato con Elena, una loro antica compagna di ginnasio, quando stavano in classe mista. E da allora si erano frequentati poco. Oramai si vedevano solo al Centro del cinema Universitario e qualche altra volta. Nino e Elena vedevano Giampiero con cui erano amici di più. Elena non poteva soffrire Massimo perchè lo trovava troppo volgare e sboccacciato. Era decisa e rapida nel dare giudizi, Elena. Nino invece molto meno. Cercava sempre di giustificare tutto, specialmente i suoi amici. La sua paura maggiore era quella di non capire i problemi del suo tempo e quindi di essere un sopravvissuto. E i suoi amici erano più moderni di lui, questo era sicuro. Arrivò alla fermata del tram e aspettando si accese una sigaretta. Arrivò il tram e Nino, che era abituato a prendere la motrice e mettersi vicino al conducente prese la seconda vettura per poter continuare a fumare. I suoi amici lo tenevano un poco alla larga. Molto probabilmente con un poco di disprezzo perchè lui era posato, borghese. Si era laureato in tempo, era fidanzato ufficialmente e non aveva problemi. Loro invece studiavano all'università legge ma non sapevano che cosa avrebbero voluto fare. Invece per lui la strada era segnata. Professore e trovava ora in questo mestiere un poco di retorica anche nel nome. La voce di un ubriaco che rincasava con un amico diceva:`` Gli ho detto: Se tutti i comunisti fossero come te a quest'ora il partito sarebbe polverizzato''. La voce dell'uomo, ancora giovane con folti capelli e sopracciglia nere, era calda e simpatica. ``Gliel'ho detto in perfetta amicizia. Alle tre di notte ci siamo fatti l'ultimo mezzo litro in piazza Manfredo Fanti.'' A Tor Pignattara i due uomini scesero. Nino sorrise per quello che l'uomo aveva detto. Cominiciava a stare meglio. L'aria che era entrata dalla porta aperta alla fermata aveva fatto indietreggiare e uscire dalla porta di dietro il velo di fumo che c'era dentro la vettura. Nino si mise a guardare dal finestrino le targhe delle automobili che passavano. Guardò l'orologio e pensò che alle undici e un quarto sarebbe stato a casa, a letto.

II

Venne l'estate, si chiusero le scuole e Nino e Elena finirono di fare ripetizioni. Fecero delle domande ai Presidi delle scuole statali e poi si diedero da fare per qualche giorno intorno alle scuole parificate. Speravano di poter lavorare il prossimo anno scolastico. Alla fine di giugno se ne andarono a Villalago, il paese di lui, per passare una settimana di pace e di riposo. Quando arrivarono il tempo era bellissimo. Non era caldo come a Roma e l'aria era pura e frizzante. L'acqua fresca e quasi solida, rosicarella, era l'orgoglio dei paesani. Ma non c'era molto verde intorno al paese. Anzi il paesaggio era brullo con montagne rocciose che cadevano a strampiombo ed erano vicinissime l'una all'altra. Formavano continuamente dei valloni profondissimi, burroni paurosi. Dalla stazione del treno al paese c'erano 15 chilometri e il livello saliva di quasi 600 metri. Per Elena era tutto un paesaggio nuovo ed era ammirata sinceramente. Era anche contenta di essere al centro dell'attenzione dentro la corriera. Perchè Nino era conosciuto da tutti quelli del paese e sulla corriera non c'erano ancora villeggianti. Questi venivano sempre ai primi di luglio. Tutti salutavano Nino e guardavano con curiosità la ``sposa'' di lui. Elena aveva il viso rosso di gioia e le brillavano gli occhi grandi e un po' sporgenti in fuori. Era proprio una bella ragazza con quel vestito di cotonino a quadrettini rossi bianchi verdi e azzurri. Aveva le maniche cortissime e una scollatura a punta che lasciavano vedere due bellissime braccia e una carnagione candida. Si appoggiò con la testa alla spalla di Nino. Questi ve la tenne coraggiosamente perchè un poco gli seccavano quelle tenerezze in pubblico davanti a quella povera gente non abituata a vedere dei fidanzati viaggiare soli. Non voleva far sorgere chiacchiere e più per gentilezza che per paura. Delle chiacchiere in genere se ne infischiava ma per quanto poteva cercava di evitarle. Elena stette bene tutto il tempo a Villalago. Il nonno vecchio e chiacchierone di lui che sapeva a memoria tutta la Divina Commedia e tutti i Promessi Sposi dapprima la rimbambì un poco, poi piano piano Elena iniziò a provarci gusto alle chiacchiere del vecchio, che avevano più sale di di quello che si potesse credere a prima vista. Era un vecchio che aveva appesantito negli anni, ma ancora intatta, una bella intelligenza. E se i nipoti gli davano spago non la finiva più di parlare. Elena e Nino fecero di questa breve vacanza un punto molto importante della loro vita. Furono otto giorni deliziosi e niente riuscì a turbare la loro felicità. I paesani erano simpatici ed Elena sentiva di amare quel popolo, lei che era individualista e che dalla vita voleva prendere solo quello che c'è di bello. Nino invece che pure era un indeciso e non aveva una vocazione politica, aveva sempre litigato con lei dimostrandosi molto sociale ed attento ai problemi del popolo. A Villalago le faceva molte concessioni ``Lo vedi? ''- diceva - Tu prendi ad esempio la plebe cittadina della capitale per dimostrare che il popolo è cattivo e volgare, ma quello non è il vero popolo. Quello è una parte di popolo che invece fa una parte ingrata spinta a credere di avere più diritti di quelli che il suo partito non gli accordi''. Anche Elena non aveva voglia di discutere e gli dava ragione. Elena dormiva nella camera del ``grano'' della casa del nonno di Nino e che ora era stata trasformata in un salotto. Avevano spostato il divano sulla parte stretta e per Elena avevano preparato un letto con le spalliere di metallo marrone con fregi di color d'oro. Il più bello che avessero e che non utilizzavano mai per non sciuparlo. Questa stanza stava al primo piano e dava dalla parte della chiesa che siccome si trovava ad un'altezza superiore della strada della parte opposta veniva a porsi allo stesso livello della stanza. C'era una finestra e un balconcino tra la casa e la parete della casa confinante. Nino e Elena erano fidanzati da tre anni ed erano molto intimi tra loro. Nino andava spesso a trovare Elena nella sua camera a Roma, quando lei era sola a casa ma non erano amanti. A Villalago essi andavano a letto per ultimi e intravidero subito la possibilità di poter stare molto insieme. La seconda notte la passarono insieme. Elena entrò nella camera e lasciò la porta aperta. Nino salì al secondo piano dove dormivano in una camera il nonno e in un'altra la zia e la cugina. C'era una terza camera a cui si accedeva per una scala di legno dove dormiva Nino. Nino salì la scala di legno per farsi sentire poi ridiscese a piedi scalzi. Entrò nella camera di Elena e con infinite precauzioni chiuse la porta. `` Adesso che vuoi '' disse Elena sorridendo. Nino l'abbracciò stretta e la baciò. Con una mano la premette sui fianchi per sentirla il più vicino possibile. Elena era un tipo frigido, di una frigidità dovuta anche a ritardo di sviluppo e a uno scompenso non curato. Ma quella sera fremette sotto il bacio di lui. Nino vide che aveva cambiato espressione e la sdraiò sul letto cominciando a spogliarsi svelto. Elena stava in un pigiama celeste. Si mise sotto le coperte e osservava il fidanzato che si spogliava. Sempre le avevano fatto un po' schifo questi preparativi dell'amore e Nino che l'aveva trovata poi fredda e abbastanza seccata l'aveva sempre rimproverata di cerebralismo e di frigidità. Questa volta invece Elena ambiva di vederlo nudo e non vedeva l'ora che lui si sdraiasse accanto a lei. Si sbottonò la giacca del pigiama e non si sorprese di fare questo. Le altre volte lui l'aveva spogliata e quasi sempre lei si era lasciata denudare per non litigare e per non farlo rimanere scontento. Lui si contentava di quello che lei gli dava. Lei però non era mai arrivata a sentire qualcosa di eccezionale. Nino spense la luce e le entrò vicino. Lei lo abbracciò stretto godendo del contatto, Nino la girò supina e le frugò il petto con la mano. Poi glielo baciò ed Elena lo strinse a sè. Elena provò un piacere immenso a sentire le mani di lui che le vagavano per tutto il corpo mentre la bocca di lui come una ventosa le apriva dei centri di gioia sulle spalle, sul collo, sul petto. Si sentì spogliare e favorì muovendosi le mani di lui che le toglievano i pantaloni del pigiama. Subito dopo lei si strinse a lui e sentì il caldo e un turbamento forte. Cominciò ad agitarsi e a gemere. Nino disse: ``Amore, così, così''. Ma ella lo sentì appena, era presa da una smania, da un desiderio di conoscere compiutamente quell'uomo che era il suo marito di domani. Gli si offrì sempre di più fino a che Nino impossibilitato di pensare e di agire diversamente ... Quando finirono Nino rimase accasciato, esaurito vicino a lei. `` Cosa abbiamo fatto'' disse Elena.

Le notti appresso non le potettero passare insieme per le condizioni di lei. Neppure questo fatto turbò la loro serenità in quei giorni meravigliosi. Non lo avevano mai fatto prima per paura, perchè lei era frigida e per tante altre cose e si erano abituati a pensare a quel fatto come a una cosa difficilissima a cui si doveva arrivare gradatamente e vincendo molte resistenze. Erano ambedue alla prima esperienza e la felicità del fatto li aveva stupiti. Si stupivano che avessero potuto farlo. Che lo avessero fatto. E nei giorni appresso quando ne riparlavano consideravano la loro nuova situazione solo da un punto di vista. ``Adesso sarà una ricerca continua di momenti in cui si potrà rimanere soli a casa mia'' diceva Elena.`` Mi dispiace''. ``Ma perchè?'' ribatteva Nino. ``Ormai è fatta, è meglio non pensarci'', concludeva Elena.

III

Due giorni prima del ritorno a Roma arrivò in casa Giovanni, che tornava dall'America per un periodo di vacanza e di riposo. Si sarebbe trattenuto sino a Ottobre. Era partito per gli Stati Uniti 8 anni prima quando aveva 16 anni e Nino se lo ricordava benissimo. Avevano passato tutta l'infanzia insieme e avevano molti ricordi in comune. Giovanni quando arrivò era timidissimo e sebbene si ricordasse perfettamente il dialetto paesano non parlava quasi mai. Ma il giorno appresso a tavola arrivò che aveva bevuto parecchio e gli si sciolse la bocca. Fu una strana cosa per tutti. Dimostrò di essere uno di quelli che fanno tutto quello che fa loro comodo senza preoccuparsi minimamente degli altri. E parlava un impasto di dialetto e di lingua inframmezzato da una quantità di parolacce veramente imponente. Elena ebbe una crisi di nervi. Se ne andò in camera sua e si buttò piangendo sul letto. Nino la trovo lì che si stava riprendendo e decideva di ripartire il giorno appresso. E Nino si mise a spiegarle come tutto questo era noioso pure per lui ma che Giovanni parlava così non per essere volgare volutamente ma che le parolace che diceva erano d'uso nel dialetto dove non erano sentite come triviali. Erano i termini del dialetto che essendo unici non avevano una divisione tra parole volgari e non volgari. ``Va bene, tu giustifichi sempre tutto. Ma a me dà un fastidio enorme e io non ci resisto. Quel Giovanni è un selvaggio e io non ci voglio vivere tra i selvaggi! ''.

Giovanni era uscito intanto e si era andato a fare una partita all'osteria del cognato. Aveva subito fraternizzato con i suoi antichi compagni. Raccontava la sua vita americana e la guerra che aveva fatto in Corea. Anzi era venuto anche per curarsi. Da quando era tornato dalla Corea sentiva dei dolori alle gambe che non lo facevano muovere. Si era fatto un mucchio di lastre ma non gli avevano trovato mai nulla. In seguito Nino, quando Giovanni venne a Roma a casa sua per andare da qualche medico, e dormivano insieme in quella camera che Nino aveva staccata dall'appartamento, nei locali della Maternità e che chiamavano il Grottino, la sera lo ascoltava volentieri raccontare delle cose che aveva fatto in Corea e in America. Allora spariva la differenza di cultura e si ristabiliva quell'antico cameratismo che c'era stato tra i due cugini prima che Giovanni ``se ne andasse all'America'' e che volassero quegli otto anni che pure li avevano tanto mutati. Giovanni era un poco grosso di torace e con tutti gli arti denotanti una eccezionale forza fisica. Una cosa che stupiva era come non guardasse mai le donne. Eppure doveva averne molta esperienza perchè quando Nino riceveva qualche telefonata gli diceva: `` Allora tu sei una persona importante. A me ad Albany mi telefonano soltanto le puttane''. La sera prima di addormentarci parlavamo molto tempo e era quasi sempre Giovanni che raccontava di sè. Racccontava cose stupefacenti che stordivano Nino per la naturalezza con cui Giovanni le esponeva. Per esempio Giovanni raccontava come se fosse una cosa perfettamente naturale che prima di compiere i 18 anni regolamentari una sera ritornando a casa ubriaco avesse svegliato il padre e lo avesse picchiato con un bastone perchè non gli voleva firmare il consenso per prendere la patente. Oppure come durante un tremendo temporale egli con un suo compagno fosse andato con la macchina a raccogliere prosciutti e salami di una salumeria che non aveva fatto in tempo a portare tutto dentro e come poi li avesse rivenduti quasi a prezzo di fabbrica allo stesso padrone. Di come avesse vissuto in Corea perfettamente a posto tra gli orrori della guerra. Nino sapeva che anche in Italia la maggior parte dei giovani, e non soltanto dei giovani, fossero spregiudicati e moralmente indifferenti e di come sapessero guardare solo al guadagno. Si ricordava di quel suo amico studente che credeva di essere furbo perchè aveva imbrogliato un meridionale vendendogli la macchina al doppio del suo valore. Un fesso di pugliese, aveva detto costui. Ma era la prima volta che se ne trovava uno sottomano. Ed era stupito che Giovanni potesse avere anche una enorme carica d'affetto. Infatti Giovanni era attaccatissimo alla madre e a tutti i parenti e dimostrava una grande generosità d'animo. Anche Elena dovette alla fine riconoscere che era un bravo ragazzo, un selvaggio buono. Giovanni arrivò ad invitare Nino e Elena in America, a casa sua e a spese sue una volta che si fossero sposati. Bastava che loro avessero avuto i soldi per il viaggio. E nella sua maniera strana Giovanni era gentilissimo con Elena e lei gliene era grata. Mistero della vita umana. Una volta Giovanni affittò una macchina e Nino subito volle guidarla. E quel pazzo di Giovanni gliela lasció in mano e Nino dimostrò subito di avere attitudine alla guida perchè portò la macchina con grande abilità per essere la prima volta che guidava. Quella fu una giornata bellissima per tutti e tre ed era curioso vedere Elena e Giovanni in costume da bagno passeggiare sottobraccio lungo la spiaggia con i piedi in mezzo all'acqua. Si avviciniva l'autunno a grandi passi e Giovanni doveva ripartire. Andarono da un medico e poi da un neurologo abbastanza noto. Giovanni era sano e il dolore veniva quasi senz'altro da uno choc, una specie di fissazione. `` I medici non capiscono niente - disse Giovanni - io lo so che è. Sono i nervi, me li sento che mi tirano quando le gambe mi fanno male. Per esempio uno, sia maledetta la gamba destra, mi tira.'' Cominciò a zoppicare visibilmente. Nino si era fatto pensieroso. La guerra in Corea aveva lasciato le sue tracce anche su Giovanni che sembrava non avesse una vita spirituale. E gliele aveva lasciate queste tracce proprio nel pensiero, nello spirito, nel cervello. Aveva voglia di piangere.

Quando Giovanni ripartì Nino andò ad accompagnarlo a Napoli. Si era affezionato a quel cugino e Giovanni quando aveva salutato gli zii si era commosso anche lui. Aveva promesso che tra tre o quattro anni sarebbe ritornato e sarebbe venuto con la macchina. Si sarebbe messo a lavorare e avrebbe accumulato i soldi. Nino si sentì maluccio tutta la sera. La nave partiva a mezzanotte. E si stupì moltissimo che Giovanni era felice di fare il viaggio. `` Non me ne frega niente cugi' di tornare in America -disse Giovanni - se avessi i soldi anzi starei qua in Italia, ma non vedo l'ora che parta la nave per farmi sto viaggetto''. Vivere alla giornata, come viene viene, senza pensare al futuro. Nino in quel momento invidiò il cugino e se fosse stato possibile sarebbe partito anche lui, si sarebbe fatto anche lui quel viaggetto senza pensare a niente. Viaggiare e basta. Poi si vedrà. Guardò con intensità un'americana molto carina e provocante affacciata al balconcino della sua cabina di prima classe.

IV

Ennio era il tipo più infelice degli amici di Nino. Era uno di quegli uomini che Nino non capiva bene ma che ammirava e amava sopra tutti gli altri. Era di media altezza e bruno di capelli, di carnagione e di occhi. Aveva un naso un poco aquilino e due labbra carnose ma esangui, sensuali e tristi. Camminava sempre con la testa un poco curvata sulla spalla destra con un atteggiamento triste. Nino non era mai riuscito a essergli proprio amico. Forse Ennio lo disprezzava un poco ma era in ogni modo difficile essere amici di Ennio. Ennio era morboso nelle amicizie. Un amico per lui doveva essere quasi come una fidanzata. Una sera si erano trovati a casa di una amica comune che aveva creato una piccola biblioteca circolante tra gli amici con i soldi racimolati con una quota mensile. Ennio allora andava con Aldo e assolutamente e sempre stava con Aldo. Aldo era comunista e colto e intelligente e Ennio in quel tempo gli dovette molto. Ennio era di una intelligenza vividissima e la sua più grande infelicità era il notare come questa sua intelligenza fosse sterile, non avesse comunicativa e gli pesasse dentro come un mattone sullo stomaco. Aldo prendeva in giro le donne della compagnia con grazia. Era brillante e lo sapeva. Perciò continuava a parlare con quell'aria tra il superiore e lo strafottente.`` Fragilità, il tuo nome è donna.'' Esagerava un poco. Appena uscirono Nino e Elena salutarono e se ne andarono per conto loro. ``Hai fatto il pagliaccio per tutta la sera'' Ennio disse ad Aldo. ``Senti Ennio, non ricominciare ti prego. Con te bisogna stare attenti ad ogni parola che si dice. Non posso fare mai nulla. È possibile mai? '' Ennio lo guardò con occhi stupiti e bellicosi. Poi voltò le spalle e se ne andò. Aldo si scrollò e prese il tram lasciando Ennio solo.

Rimasto solo Ennio aveva sperato che Aldo non se ne andasse, che gli camminasse a fianco come tante altre volte era successo. Invece Aldo aveva preso il tram e se ne era andato. Aveva visto benissimo che aveva scrollato le spalle per significare che se ne infischiava di lui. Si sentiva infelicissimo. Non riusciva a conservarsi una amicizia. Sapeva che la colpa era anche sua, che la sua amicizia era troppo esclusivista e che gli altri non intendevano rinunciare alla propria vita, ai propri lavori per lui. Egli invece poteva rinunciare a tutto per l'amicizia. Anzi non si doveva rinunciare a nulla perchè si potevano avere le stesse esperienze. Ma non riusciva ad immaginarsi Aldo o qualsiasi altro che non avesse una qualche attività estranea alla loro amicizia, a lui insomma. Si sentiva solo. Egli non riusciva a dar ragione ad Aldo e non riusciva a essere comunista proprio per questo senso di incapacità a immaginare gli altri come esseri che potessero essere in tutto simili a lui e in tutto uniti con lui. Si sentiva terribilmente solo e aveva paura della solitudine. A casa la vita gli era insopportabile. Suo padre e sua madre erano due brave persone che però non avevano assolutamente niente a spartire con lui, esseri di un mondo timido e semplice che egli da un pezzo non capiva più e che qualche volta invidiava. E sua madre soffriva per lui così triste e svogliato a tavola, così solo. Ed Ennio aveva pietà di lei e per quanto poteva cercava di farle credere che si sbagliava sul suo conto. Suo padre poi gli faceva meno pena perchè gli voleva poco bene e spesso assumeva degli atteggiamenti antipatici. E di notte oscure angosce venivano a torturarlo. Sogni brutali e ributtanti che lo finivano di fiaccare nel corpo e nello spirito. C'era stato un periodo nella sua vita in cui era stato felice. Quando era stato un mese a 19 anni ad un campo di lavoro in Calabria. La gente strana e misteriosa, gesticolante e nello stesso tempo impettita di una dignità boriosa e chiusa lo aveva interessato e aveva creduto di potersi dedicare ai viaggi e a fare una vita di intense sensazioni. Ma già sulla fine della vacanza tutti quei suoi entusiasmi gli erano venuti a noia ed egli era ripartito prima del tempo ricacciato in città dall'insoddisfazione su cui si era abituato a ragionare crudelmente andando fino in fondo e allargando il campo dell'infelicità. E poi aveva un altro difetto oltre quello di insistere sulla propria ragione d'infelicità fino a perderne i contorni iniziali. Era un timido, non riusciva a parlare con gli altri di questa sua specie di mania, anelava al conforto di qualcuno, allo sfogo, alla stima degli altri e invece non ne parlava mai. Molte volte, sul punto di confessarsi ad Aldo, aveva cominciato a pensare che era tutto inutile, che Aldo aveva i suoi problemi da risolvere, che anche se Aldo gli avesse risolto i problemi questi sarebbero risorti e che le spiegazioni di Aldo sarebbe stato sempre qualcosa di esterno e di insufficiente. Ed era meglio non mettere alla prova Aldo che forse poteva dimostrarsi impari al compito o non capire il suo problema. Ed egli avrebbe dovuto rinunciare alla sua amicizia. Era timido anche con le donne. Anzi soprattutto con le donne. Aveva una sete infinita d'amore ma anche qui aveva paura di non si sa che. Aveva bisogno di una donna che vivesse per lui e di lui, che fosse fatta su misura per lui, e forse nemmeno gli sarebbe bastato. Ma non faceva niente per cercarla, per trovarla. Stava lasciando passare gli anni così e la sensualità compressa gli dava anche dei malesseri fisici. Aveva provato ad entrare in una ``casa'' ma da solo non aveva avuto il coraggio e con Renzo il suo amico precedente ad Aldo, che ce lo aveva portato interpretando il suo desiderio non era andata bene. Erano entrati e Renzo aveva preso la cosa a scherzo, aveva litigato con una delle donne e queste, tutte abbastanza volgari, avevano disgustato Ennio. Era fuggito letteralmente e aveva poi aspettato col cuore in tumulto Renzo più di un quarto d'ora. Non avevano mai parlato di donne in quei termini ma il sapere che Renzo se n'era andato quando lui aveva ancora lo stomaco in disordine lo aveva nauseato. Risultato, aveva litigato violentemente con Renzo e aveva rotto l'amicizia con quell'uomo che pure era intelligente e col quale era stato sempre insieme per più di 4 mesi. Quello che lo atterriva ora era il pensiero che anche Aldo non si facesse più vedere e malediva il momento che ci aveva litigato. Andò a casa che i suoi genitori erano andati a letto. Gli avevano lasciato la cena sul tavolo. Non pensò neppure a mangiare. Solo pensò ``Meno male che mamma è a letto. La discussione la faremo domattina.'' In camera sua si buttò sul letto e si mise a piangere.

V

Giampiero rientrò a casa in uno stato di dormiveglia. Aveva sonno, un sonno mortale, eppure non aveva fatto nulla di speciale. Inghiottì con fatica. Gli faceva male la gola. E cominciò a battere i denti dal freddo. Un brivido gli passò per la schiena facendolo piegare in due con le braccia in avanti. ``Ecco che cos'è'' mormorò tra i denti. Ingollò la cena mettendosi di puntiglio a finirla. Inghiottì l'insalata di arance. Poi a forza buttò giù una polpetta. Bevve un bicchiere d'acqua. ``Mi ci sarebbe voluto del vino. E stasera lo desideravo proprio.'' Pur sapendo che non c'era il vino domandò alla sorella ``Non c'e' un poco di vino?'' La sorella era seduta per terra su una mezza coperta da stiro e leggeva un romanzo. ``No, non ce n'è. Lo volevi?''. A Giampiero vennero i nervi e non ebbe più sonno. ``In questa casa la roba non c'e' mai quando ci dovrebbe essere'' brontolò. Poi si accorse che era fuori luogo insistere e inghiottì a fatica l'altra polpetta, se ne andò a letto senza mangiare la mela. Ora lo aveva ripreso la stanchezza e il sonno. Si mise a letto e sentì di nuovo freddo. ``Papà e mamma saranno andati al cinema'' pensò. ``E se le vanno a vedere le mattonate!'' Gli facevano rabbia i suoi genitori. Avevano messo al mondo 5 figli e non sapevano come mandarli avanti con decenza. Lui che era il più grande naturalmente avrebbe dovuto cercare di aiutare la baracca. I figli si mettono al mondo se si possono mantenere altro che storie. E suo padre si era rincoglionito al punto che comprava il giornale solo la domenica e il lunedì per le previsioni e i risultati del totocalcio. Si stancò subito di pensare a queste cose a cui pensava da anni. Era sempre la stessa pappa. Si sentiva meglio ora che nel letto si era riscaldato. E si mise a pensare che nel pomeriggio praticamente l'aveva fatta finita con Fiora. Se glielo avessero detto 15 giorni prima che sarebbe andata a finire così non ci avrebbe creduto e gli sarebbe preso un colpo. E invece ora che era successo non gliene fregava niente. O per meglio dire capiva che tutto sommato era meglio così. Fiora era una ragazza adatta per lui ma non ancora formata e l'aveva fatto stancare e si era stancata anche lei. L'anno prima quando lei era ancora studentessa dell'ultimo anno magistrale e gli era sembrata un angelo di Melozzo, sembrava tanto lontano. Si accorse che rimpiangeva con tutta l'anima quel tempo in cui era stato felice. E non se n'era nemmeno accorto del tutto della felicità di quell'anno prima. Fiora era vestita di nero e portava un montgomery verde col cappuccio foderato di bianco. L'immagine di lei gli venne precisa e nitida davanti come se realmente fosse nella stanza. E aveva il vestito nero, il montgomery verde col cappuccio foderato di bianco. Si alzò con un gomito sul letto e si passò la mano sulla fronte. L'illusione passò. ``Sto delirando - pensò Giampiero - che mi piglia stasera.'' Si rimise a letto e cercò di addormentarsi. Ma insensibilmente ritornò a pensare a Fiora e al loro anno felice passato via per sempre. Ora non si poteva ricominciare. Il fiore era passato.

Note:

Ricordarsi della serata in casa Franci. Ricordare quell'assemblea di professori e di reazionari. Presidi e ispettori che cercano di convincere gli altri che sono stati importanti e lo sono tutt'ora. Ricordarsi del prof. Capo vecchio ed energico di 84 anni. Scantonamento nella politica. Il vecchio Capo monarchico che considera i comunisti belve e uomini-bestie rimpiange il re e i santi ideali dell'800. Figura simpatica però. L'arrivista sottosegretario è invece lercio. I giovani sono più scettici e sfiduciati dei vecchi come dice il prof. Capo. Ricordarsi di fatto del vecchio conte Gizzi che però è un poveraccio. Così Franci. Sfoggio di un'erudizione (spesso pure superficiale) che non è cultura. Gente tutto sommato senza problemi. Quello che più stupisce è che anche i giovani sono della stessa pappa. Far vedere anche la timidezza di Nino che non condivide affatto ma che non si sente soddisfatto neppure del contrario. Soddisfatto di niente.


31/7/56

Rendere bene e in pochissime righe il carattere di Elena che a eccessi di tutti i generi contrappone anche una normalità eccessiva. Per esempio la sua concezione egoistica e il suo esclusivismo. Mettere in evidenza che ella si sente diventare una cattiva nuora. Non capisce i problemi di lui. Al contrario metter in evidenza i legami fortissimi che stringono lui alla sua famiglia (retrogradi, ``patriarcali'' come dice lei). Ella gli rimprovera questi sentimenti ed egli si ribella ma come al solito sbaglia perchè questi sentimenti egli cerca di teorizzarli. Egli da un po` di tempo ha un poco come moda di capire tutto, di giustificare tutto e di non giudicare niente sebbene solo per le cose importanti. Chiarire bene. È una specie di stato d'animo determinato da motivi culturali e ideologie politiche quindi sostanzialmente artefatto ma trova risonanza profonda nel suo animo. Il fatto è che egli è buono, sognatore, e naturalmente popolare, oltre che è attaccato alla sua famiglia anche quando questa gli fa schifo. Questo può giustificare lo scioglimento. Ella si trova a considerarsi una donna comune. Non lo è. La vita continua. Lunga. Implacabile e normale. Far vedere come egli sia facile alle citazioni e ne faccia anche un certo sfoggio culturale. Per esempio la Bibbia e lei che lo prende in giro perchè ora si metterà a citare sempre scritti. Ma è anche un pigro. Un Oblomov in sedicesimo. Dedicare qualche riga molto concisa ai genitori. Trattare il problema della famiglia. Lei vede la famiglia da un punto di vista ``moderno'' secondo lei cioè indipendente. Ma è tutta una questione di soldi.


30/8/56

Giampiero è tornato in Germania sebbene avesse deciso di andare in Spagna. Si trova bene in Germania perchè trova una società in cui sta bene. Dalla fine della guerra i tedeschi hano cominciato prima con le fabbriche poi con le case poi con il mangiare e poi con l'abbigliamento. In Italia tutto il contrario. Prima l'abbigliamento poi la casa poi il mangiare. Ricordarsi delle sensazioni ricevute. Giampiero ha ritrovato Gretel. È andato a trovarla e ha trovato lo stesso ambiente di prima. La madre è sempre deputatessa al parlamento locale. Il padre è un gioviale uomo che lavora in una fabbrica di xxxxsiti(?). Gretel ha 20 anni ora. Hanno passato una serata in un locale. Lei si meraviglia che lui possa portare una giacca abituata a ricordarselo con la casacca di tre anni prima. Come accade si dicono che tutto è finito ormai anche se lui capisce che tutto finì per colpa sua, stante la lontananza. Egli ripartì. Il giorno dopo non si saluteranno; sentono che sarà troppo doloroso. Egli continua ad andare a Nord e il giorno dopo va ad Amburgo. Città strana (andare a vederla). Giampiero incontra due modenesi. Uno dei pochi incontri italiani simpatici all'estero. Si ha l'impressione che questi gruppi d'italiani sciamino verso nord (sebbene la Germania sia un luogo di passaggio, vanno in Svezia, Danimarca dove è fama che le donne sono libere senza amore chissà perchè) col preciso scopo di conoscere le donne senza pagare. È una forma di amore, anche questo farlo notare dipendente da un vizio di educazione sentimentale determinata dalla società e alimentata dal governo clericale. Ma c'è modo e modo. Giampiero ad Amburgo vede, con questi amici occasionali che parlano solo l'italiano, una ragazza che guarda i cartelloni di un cinema e allora la abbordano. Giampiero le parla e gli altri lo spingono ad andare perchè per lo meno vada con connazionali. Vanno in giro la mattinata ma a Giampiero tornano in mente solo le parole della sera prima: Tutto è finito. Solo ora si rende conto: Ma perchè tutto è finito? Allora va dove Gretel e i suoi genitori sono in villeggiatura. Arriva e non li trova alla pensione. Sono in gita, è molto stanco. Si siede sulle gradinate dell'albergo aspettando. Tornano Gretel e i genitori. Gretel lo riconosce. Quasi choc. Decisione di sposarsi. Giampiero torna in Italia con l'idea di mettersi a studiare bene il tedesco. Se ne frega ora della laurea. Và - gli dice Nino - vattene a casa loro quando sai il tedesco. Appendi il berretto all'attaccapanni e dì: ``Eccomi qua.'' Vacci. È meglio. È una soluzione un poco avventurosa. Farà l'interprete con tre o quattro lingue. Il padre e la madre ti troveranno un posto. Chi se ne frega della laurea. Farei pure il manovale all'inizio. È una forma di felicità. Bene. Anche la società tedesca in effetti si può guardare con simpatia malgrado i difetti. Grazie, è al di fuori. Ma chi se ne frega della situazione italiana. Forse basta uscire fuori. Alla fine è una forma di ragionamento(?) retorico. Certo. Hai senz'altro ragione. A tutti gli uomini gioverebbe trovarsi in quello stato d'animo. Magari fosse eterno.

Per Nino e Elena ci sono problemi. Parlano di situazione nuova. Quante volte si sono parlati rimpiangendo le esperienze loro negate dalla necessità di far presto per sposarsi. Ora Giampiero è nella loro stessa condizione e non li capisce. Magari fosse per tutti così. È una cosa molto triste. Balducci non è nessuno. È la situazione Balducci, ecco cos'è.

E doveva venire, ha ragione lei. Giampiero suggerisce di lottare, fare il diavolo a quattro, fare cosa? Non si sa. Questa situazione va approfondita bene. Massimo ha avuto il suo primo posto di lavoro. Commento: sono un uomo finito. E non scherzava. Per lo meno non sdegnava del tutto. È la vita caro mio.

31/8/56

Ricordarsi della diversità dell'intendere la carriera. Lui non la vuole fare, lei si. Lui ha rinunciato a tentare la carriera universitaria un poco per pigrizia, un poco per insoddisfazione un poco per intima convinzione d'incapacità. Un poco per posa di modernità. Però egli mostra un sincero disprezzo per la figura dell'accademico umanista, assente dalla vita del proprio tempo.. Poi lui si convince sempre più della non importanza di questa carriera e arriva a considerarsi nel giusto e moderno.




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Nota


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