Ottobre 1943 (Uliano)

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TESTO

OTTOBRE 1943

inedito


Antonio Di Cicco - Ottobre 1943 (anni 50)
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Sul sentiero pietroso appena tracciato ormai che saliva al monte in località "La Canala" Forbicino e Giorgio la Cavalla camminavano quasi mani e piedi ed erano già tre ore che sfacchinavano di quella maniera

Sul sentiero pietroso appena tracciato ormai che saliva al monte in località "La Canala" Forbicino e Giorgio la Cavalla camminavano quasi mani e piedi ed erano già tre ore che sfacchinavano di quella maniera. Erano molto stanchi perchè quella notte non avevano dormito per niente per la paura del rastrellamento del giorno prima. Ora erano circa le sette. Il sole era già spuntato tutto e siccome splendeva. nel cielo appena sopra Pietra Calorcia prometteva sicuramente una bella giornata. Giorgio la Cavalla si fermò un poco per cogliere una bacca azzurro-nera da un cespuglio spinoso che ne portava in abbondanza e subi to se la mangiò. Poi storcendo la bocca allappata disse ripensandoci:" Figlie di puttana quante trignozze. Chissà quanta neve ti scarica quest'annata e noi forse dovremo passarla su questa maledetta montagna". Forbicino non rispose niente ma non credeva di dover rimanere tutto l'inverno in montagna. Ora stava solo pensando con una certa compiacenza al suo ritorno al paese non da fuggiasco ma da partigiano e gli pareva mille anni che gli crescesse il pizzo che a suo modo di vedere gli avrebbe dato un aspetto eroico. Forbicino non era un ignorante qualsiasi, anzi aveva studiato da maestro e gli mancava poco al titolo perciò aveva una certa immagine dell'imboscato "braccato dal nemico". Aveva preso un'aria assente e Giorgio la Cavalla guardandolo bestemmiò ancora. Ma erano tutti e due preoccupati e il momento di svago era finito. Ripresero a camminare in silenzio. Il paese ora scompariva alla vista a causa del bosco fittissimo di color mattone e rosso benchè il monte gli incombesse. Arrivarono in una piccolissima radura che sporgeva in avanti dalla montagna quasi sxoperta e sembrava quasi una prima cima del monte. Era quella piccola radura rocciosa dove c'era un albero grandissimo a forma di triangolo che si vedeva dal paese. Giorgio notò imprecando oscenamente che invece dall'albero triangolare il paese non si vedeva. "Che te ne frega-disse Forbicino .Ad un tratto videro due uomini e non ebbero memmeno il tempo di impaurirsi :perchè riconobbero Zio e Compà Peppe. Questi avevano fatto una strada più lunga ma più facile anch'essi però per arrivare alle stesso posto. Tutti e quattro si diressero verso i resti dell'antico convento di S.Pietro che in parte era ancora abitabile e faceva da stalla ad Innacquato che passava l'estate in montagna con le vacche tutto solo. Innacquato ormai era tornato in paese perchè ottobre era un mese traditore ma in paese il fatto che avesse il coraggio di passare da solo l'estate al convento era considerato con ammirazione. Infatti il convento si trovava in un vallone scosceso circondato da grandi boschi di abete e per questa sua quasi inaccessibilità in passato era stato un covo di briganti. C'erano parecchie leggende su di esso e a dir la verità gli abitanti del paese avevano chi più chi meno tutti una certa paura del luogo. Perciò Giorgio ricominciò a bestemmmre e a maledire la guerra e tutto. " A mezzogiorno a S.Pietro erano 47, cioè tutti gli uomini validi del paese scampati al rastrellamento del giorno prima. Tutti si erano portati qualcosa da mangiare ma si resero conto che non avevanp pensato che se dovevano passare anche una settimana in montagna non potevano vivere così come erano venuti. Non avevano pensato a nulla e si maledivano. Ma non avevano la forza di fare una discussione qualsiasi. Tanto meno di prendere delle risoluzioni. Ora avevano cominciato ad aver paura, fino ad ora avevano agito sotto l'impressione dei fatti straordinari che erano successi ma non avevano avuto il tempo di riflettere su quello che stava capitando. Erano guai grossi mica scherzo. E pensare che appena erano arrivati avevano pure avuto il tempo di scherzare e si erano mangiati quasi tutto quello che avevano portato. Era sembrato quasi strano che si trovassero tutti lì in montagna senza far niente. Erano arrivati tutti lì a S.Pietro senza che si fossero detti niente, ognuno per conto suo solo perchè tutti avevano avuto l'impulso di andarsene dal paese. Non volevano a nessun costo sopportare un'altra esperienza come quella del giorno prima. Senza che nessuno se ne fosse accorto il paese era stato circondato e solo i contadini che erano ad arare in montagna si erano salvati."Se stavi in paese che ti volevi salvare" disse Zio. "Sparano senza dire amèn" disse Compà. Peppe. "E non sbagliano"-disse Zio - "Già,come è capitato a quel povero del Sordo che gli hanno detto alt e siccome non si è fermato gli hanno sparato senza aspettare manco mezzo minuto". "Poveraccio" disse Forbicino. Stavano tutti seduti a un centinaio di metri dal convento per essere pronti. a fuggire nei boschi. Ma era molto difficile che li venissero a cercare proprio oggi. Perciò Zio disse quando improvvisamente si fece notte. "Ma possiamo andare dentro che qui fa freddo. Intanto non vengono giù perchè pure loro avranno paura a camminare di notte in mezzo ai boschi. Se fossimo armati li potremmo ammazzare a uno a uno. E poi sono venuti a rastrellare proprio ieri". Tutti entrarono di malavoglia nel convento. Avevano già visto prima che c' era una lampada a carburo di Innacquato ma solo ora pensarono che forse era meglio buttare fuori tutta quella sporcizia di vacche con cui poteva campare soltanto lui."Mannaggia chi l'ha fatto-disse Giorgio la Cavalla- quello non sente nè puzze nè odori". Lavorarono tutti quanti fino a mezzanotte. Mentre due di loro facevano la guardia all'ingresso del vallone 100 metri più giù. La notte era scura e fredda. Ma il cielo era sereno e le stelle splendevano nel buio a migliaia meravigliosamente nette. Verso Pietra Calorcia la Via Lattea mandava un riflesso argenteo sulla roccia viva della montagna. Ma faceva un gran freddo. Entrarono tutti e chiusero la porta. Forbicino si assicurò che si poteva uscire dal tetto e saltare nel bosco direttamente. Nessuno aveva voglia di dormire. Si sdraiarono tutti quanti uno vicino all'altro per scaldarsi senza brontolare. Nessuno pensò che non avevano cenato. Avevano finito di parlare e si poteva essere verso le due del mattino qua.ndo sentirono battere alla porta. "Ehi, sono Uliano, non avete paura". La voce li calmò un poco ma non si rassicurarono del tutto. Tuttavia Zio andò ad origliare alla porta mentre gli altri cominciavano a salire sul tetto e a scappare di là. Evidentemente Uliano li aveva sentiti perchè di nuovo disse: "Per amore della Madonna aprite che sono io, Uliano". Giorgio la Cavalla si aff1acciò carponi sul tetto e vide Uliano che era proprio solo. Ad un certo momento tutti si convinsero che Uliano era veramente solo e che non c'era niente da aver paura. "Questo figlio … -disse Giorgio la Cavalla- speriamo che ha pensato a portare qualcosa da mangiare". Uliano non era venuto solo. Si era accompagnato con una ventina di donne che avevano portato dei canestri in testa con roba da mangiare. Soprattutto prosciutti salami e salsicce che si potevano conservare. E grossi pani sui 7-8 chili. Per Forbicino c'era anche un canestrino con le uova da bere per lo meno così disse Uliano. Pur essendo cosa vera Forbicino maledisse Uliano che aveva detto questo. Non si potevano vedere Uliano e Forbicino per Consolata. In ogni modo Uliano disse che bisognava scendere a prendersi la roba perchè le donne dovevano tornare al paese prima che faceva giorno. Le donne si erano fermate alla sorgente e aspettavano loro. Avevano deciso così perchè non sapevano bene se gli uomini erano a S.Pietro o alla grotta di S.Domenico abate. "Io sono venuto con loro -disse Uliano- e sono scappto avanti fin qui perchè era più vicino per vedere se ci stavate ". Oramai già tutti scendevano verso la sorgente. velevano risparmiare la fatica alle donne e farle rientrare quanto prima alle case ma avevano anche un bisogno grandissimo di parlare con lero, di chiedere che cosa si faceva in paese come se davvero ci mancassero da chissà quanto tempo. Il fatto è che tutti improvvisamente si erano abituati a un altro tipo di vita. Ora da un momento all'altro potevano succedere cose che loro non avevano mai immaginato e che davano da parlare per mesi. Malgrado il buio fitto la discesa si faceva bene e in breve tempo arrivarono. Le donne si erano sedute intorno all'acqua e stavano in silenzio. Gli uomini si aspettavano di vederle piangere e simili invece non fecero una lacrima, non si lamentarono nemmeno per quello che era successo anzi si davano da fare per incoraggiare gli uomini raccomandando di starsene alla montagna, promettendo che non avrebbero fatto mancare il mangiare. Poi dopo che ebbero raccomandato queste cose molte volte si ripresero i canestri e se ne andarono scendendo dalla parte di Anversa per non dare sospetto e non rivelare neppure approssimativamente il nascondiglio degli uomini. Un poco prima di arrivare alla strada carrozzabile avevano lasciato dei panni, ci dovevano riempire i canestri vuoti per non dare assolutamente nell'occhio. Uliano rimase alla montagna. Gli altri non lo potevano vedere, Uliano. Non perchè era antipatico o perchè aveva fatto qualche cosa, anzi nessuno avrebbe saputo dire la ragione del perchè erano scostanti con lui. Forse perchè appena tornato da fare il soldato aveva lavorato qualche giornata per i Tedeschi ma questo l'avevano fatto tutti quelli che avevano potuto. Forse perchè l'avevano trovato quasi sul fatto con Consolata, la figlia di Domenicantonio che era la più bella e buona ragazza del paese. Ma neppure in questo i suoi compaesani potevano trovare qualcosa di veramente antipatico perchè in paese era frequentissimo il fatto di starsi con la fidanzata il primo momento che rimanevano soli con lei. E d'altronde Uliano era antipatico anche ai vecchi del paese che non potevano vedere nemmeno suo padre che non era del posto ma vi si era stabilito solo perchè ci si era sposato. Fatto sta che subito Uliano e Forbicino vennero alle mani perchè Uliano non sopportava accenni qualsiasi a Consolata e Forbicino corse il rischio di farsi rompere le ossa. Ma Zio, meravigliando tutti, li chiamò figli di puttane, fece fare la brace e raccomandò l'amore e l'accordo fra tutti. Anche Compà Peppe prese gridando le difese di Uliano ma solo perchè si sentiva importante essendo l'unica persona che possedeva una ri voltella. Il sole era già sorto e filtrava tra gli alberi secolari che nascondevano il convento mentre gli uomini mangiavano e Zio metteva a posto i viveri e decideva le razioni dicendo ad alta voce il tempo che le provviste dovevano bastare. C'era parecchia roba e Zio lodò le donne che l'avevano saputa portare fin lassù. "Pare impossibile, quanta roba hanno portata" disse Giorgio la Cavalla e subito commentò con una bestemmia.

II

Finalmente era passato il terzo giorno da quando stavano imboscati a S.Pietro. Il tempo non passava mai e tutti se ne accorgevano. Il brutto era che essi dovevano pensare a quel tempo che scorreva così lento e aspettare. Che cosa poi ancora non lo sapevano. Uliano sentiva questo fatto più degli altri anche perchè non parlava mai. Anzi per questo era diventato ancora più antipatico a tutti. Solo Compà Peppe ormai le difendeva e più per non contraddirsi che per altro. Sembrava che Uliano li disprezzava perchè nen si curava di lero e continuava a fare quello che facevano gli altri senza mai parlare, come se non facesse parte con loro. In effetti il comportamento di Uliano era urtante. Quegli uomini ormai vivevano completamente per il gruppo in una atmosfera del tutto corale. Non c'erano segreti, si pensava ad alta voce sia della felicità della vita passata sia delle risoluzioni che si dovevano prendere per rendere più sicuro il periodo di imboscamento. Ora per esempio parlavano della guerra e cominciavano a capire che cosa essa era realmente. Tutti speravano che questo periodaccio passasse presto e solo si auguravano che accadessero quante meno disgrazie erano possibili. Ne parlavano senza commozione come di qualcosa che ti può capitare tra capo e collo da un momento all'altro senza che tu possa farci niente. Ma si rendevano conto che questa non era la vita. La vita era quella che avevano fatto prima, specialmente prima della guerra, quando non si sentivano ogni tanto gli strilli di una famiglia alla quale dall'Africa dalla Grecia o dalla Russia era arrivato un telegramma. Quando la gente moriva o per vecchiaia o per infortuni sul lavoro, per ragioni di vita insomma. Specialmente Zio e Forbicino dicevano queste cose ed erano soddisfatti di quello che dicevano. Specialmente Forbicino che giovane come era ci faceva la figura della persona istruita. Perciò non sopportavano Uliano che non faceva segni di assenso e che non prendeva parte alle discussioni. Non si riusciva a capire quello che pensava e questo non era bello. Sembrava un tradimento. Ma Uliano era quasi sempre assente e non perchè non condivideva il punto di vista degli altri. Tutt'altro. Egli si appagava benissimo di quello che gli altri dicevano e tutti gli erano diventati enormemente simpatici. Anche Forbicino. Gli sembrava che se si riusciva a realizzare quello che gli altri dicevano sulla vita anche lui sarebbe stato felice. Si sarebbero avute le condizioni necessarie perchè lui potesse fare la vita che voleva fare. Ma più che pensarle queste cose Uliano le sentiva spontaneamente. Solo che per lui la vita passata non era soltanto materia per la discussione dei fatti odierni che la richiamavano come un miraggio che si sperava che sarebbe tornato nel futuro. Egli aveva bisogno assoluto di viverla anche nel presente per lo meno nel sogno. E per questo così spesso sembrava alienato dagli altri, completamente solo. Specialmente la sera quando insieme con le tenebre scendeva il freddo intenso e tutti rientravano nel convento e osavano accendere un poco di fuoco sicuri che il fumo non sarebbe stato visto dal paese e dalla strada provinciale, Uliano si estraniava completamente. Non rispondeva nemmeno quando parlavano proprio con lui e Compà Peppe doveva mettersi in mezzo dicendo che lo dovevano 1asciar stare e che si facessero i fatti 1oro.Per conto suo Uliano viveva sempre la stessa cosa. La viveva con una caparbietà assoluta non distraendosi mai e ritornando da capo quando per una ragione più grave era costretto a interrompere i propri pensieri. Sapeva con certezza che realmente era successo ma quasi non ci credeva e non la finiva dentro di sè di maledire i tedeschi che erano arrivati proprio in tempo per mandare all'aria il seguito. Ma non gli piaceva cominciare proprio dal fatto sebbene si eccitasse al pensiero perchè gli sembrava che fosse poco rispettoso nei riguardi di Consolata. Era scappato da Bari dopo 1 '8 Settembre dopo tre anni di soldato ed era venuto fino al paese quasi sempre a piedi in mezzo a tanti pericoli. Era arrivato proprio per la semina del grano come aveva calcolato. Il padre era un lavoratore eccezionale ma lui pure non era da meno. Non aveva tralignato questo era proprio vero. Quella mattina era andato a Vallangelo solo per ripianare il terreno già seminato e arato dal padre. E quella mattina aveva visto Consolata che era venuta pure lei a Vallangelo per le stesso motivo. A Uliano piaceva da prima di andare a fare il soldato.M a non si parlarono. Per due ore ripianarono senza mai guardarsi ma tutti e due seguivano attentamente i movimenti dell'altro. Uliano si sentiva ronzare le orecchie e ogni tanto qualche lungo fischio lo stordiva. Alle nove si fermarono di zappare quasi di comune accordo e si diressero verso l'alta macchia verde piena carica di bacche rosse che era proprio al confine dei due campi. " Buongiorno Consolata" disse Uliano " Buongiorno " disse Consolata "A ripianare ?' " disse Uliano " Già ieri tuo padre ha arato tutti e due i campi " disse Consolata. Poi ci fu un silenzio interminabile e Consolata aveva abbassato lo sguardo turbata dagli occhi cocenti di lui. " Quanto tempo è che sei rivenuto da fare il soldato? " Sono cinque giorni ". Uliano si sentiva turbato ma aveva il coraggio di chiederla. Era come se una contentezza gli scorresse sù e giù nei polmoni. "Però stai bene -Consolata lo guardò - ti sei pure ingrassato " " Davvero -disse Uliano -e tu come stai? " " Ringraziamo Dio". "Consolata -disse Uliano -io te lo volevo dire da prima che me me andai a Bari, io ti voglio come moglie e adesso tu mi devi dire se mi vuoi come marito. Tu me lo devi dire " "Io ti voglio, sì - rispose Consolata senza esitare e solo non guardandolo. Uliano aveva fatto il soldato e la baciò e Consolata senza essere troppo stupita lo lasciò fare. Poi Uliano l'abbracciò stretta e lei non si rifiutò e non disse nulla. Ora finalmente era venuta la gioia completa, la soddisfazione della attesa. Ora non era stato deluso delle sue aspettative d'amore come invece lo era stato a Bari in una casa. Per fortuna gli era tornato il coraggio di riprovare. La madre di Consolata che veniva ad aiutare la figlia perchè aveva saputo al paese che Uliano pure era andato a Vallangelo a lavorare, li aveva quasi sorpresi e Consolata aveva fatto appena in tempo a nascondersi il fazzoletto in seno. La madre aveva fatto una scenata e Consolata aveva preso tante mazzate che a Uliano era venuta la voglia di ammazzare la suocera. Poi Uliano si era spiegato e a Vallangelo stesso avevano concluso il fidanzamento, Uliano era tornato contento al paese con le due donne e non si era curato per niente che tutti avevano saputo con assoluta precisione quello che era accaduto a Vallangelo tra lui e Consolata e la madre di Consolata sebbene a Vallangelo non ci fossero che loro tre e tutti e tre interessati a non farne sapere niente. Quando tutto si era aggiustato, anche se suo padre, che pure si era sposato alla stessa maniera, aveva fatto qualche storia (quello se non parlava moriva), erano venuti quei maledetti tedeschi a ritardare chi sa quanto il suo sposalizio. E per di più lo tenevano lontano da Consolata, prima nascosto in casa e adesso addirittura alla montagna. Uliano aveva ventun'anni e non voleva aspettare, e aveva un mestiere oltre che le migliori terre del paese. Il pane a Consolata non glielo avrebbe fatto mancare. 

III

Erano passati altri due giorni. Il sole quella mattina a Pietra Calorcia uscì circondato dalle nuvole. " A mezzogiorno piove " disse Zio. Tutti si misero di malumore perchè pensavano che questo avrebbe impedito alle donne di porta- re altro mangiare ora che cominciava a mancare. Giorgio cominciò a bestemmiare ma gli altri innervositi lo maledirono e gli ordinarono di stare zitto. Il fatto è che cominciavano ad aver paura di bestemmiare e anche Giorgio, ma lui ne aveva troppo l'abitudine. Tutti avevano la barba di dieci giorni e Forbicino due o tre volte se l'era già pettinata. Per il resto erano sporchi se non laceri e cominciavano a patire molto il freddo. Giorgio cominciò a imprecare piagnucolosamente contro le donne che anche se avrebbero finito col portare da mangiare si sarebbero senz'altro scordate di portare i cappotti e delle coperte, e raccontò il fatto di quei due che una notte d'inverno ave- vano i soldi solo per il pane o per il fuoco e uno aveva scelto il pane e l'altro il fuoco e la mattina dopo quello che aveva scelto il fuoco era rimasto vivo e quello che aveva scelto il pane era stato trovato morto di freddo. Ma nessuno aveva il coraggio di scendere al paese e di vedere di fare qualche cosa. Forse non ci avevano nemmeno mai pensato. Da mezzogiorno cominciò a piovere, prima fino fino, poi sempre più forte. E il cielo paro paro coperto di nuvole prometteva una notte di pioggia. Si ritirarono nel convento e Compà Peppe e Zio, falegnami da trenta anni, cercarono di raccomodare il tetto in un angolo dove ci pioveva. Ancora non accendevano il fuoco sebbene nei primi giorni avevano ammucchiato davanti al convento tanta legna da bastare tutto l'inverno. La pioggia e la notte che era scesa alle due del pomeriggio avevano messo addosso a Uliano una grande agitazione senza aver avuto il tempo di chiarirsi quello che gli era venuto in mente. Uliano disse all'improvviso: " Compà Pè, io stasera scendo giù al paese a vedere se ci stanno ancora i tedeschi e a vedere se posso riportare qualche coperta ". Forbicino scattò subito : "Tu sei pazzo. A questo qui gli va in amore la pelle e per andare a vedere Consolata è capace di farci acchiappare tutti. A me non mi freghi, hai capito?". ", Ma chi ti vuol fregare -disse Uliano conciliante -stasera piove e se arrivo alle dieci le undici non incontro anima viva. E poi posso arrivare soltanto alle Fonticelle alla casa di Mariotto. Così dico alla moglie dei cappotti e delle coperte se caso mai loro non ci pensano". Così potresti dire a Incoronata che per il tempo che io sto qui se ne andasse al paese dalla madre" -disse Marietto " E posso anche ridirvi tutto quello che fanno i tedeschi e che fine hanno fatto quelli che hanno preso "." Eh mo' sono dieci giorni che non sappiamo niente" disse Zio intagliando un bastone. Era tetro Zio e dimagrito molto. Uliano sfruttò quello che aveva detto Zio. Gli era venuta la voglia di abbracciarlo. Disse : " Io non ce la faccio più a non sapere niente così. Che è una vita questa? Mo' capisco come stavamo bene prima e manco ce ne accorgevamo. Io non posso sopportare questo fatto. Non sappiamo niente non possiamo decidere niente, non sappiamo se fra dieci giorni saremo vivi. Prima chi ci pensava mai a queste cose? A me non mi reggono i nervi". Uliano si era commosso parlando. Non poteva tenere ferme le braccia. Gli erano venute in mente tante cose da dire. Non si poteva capacitare di come gli altri potevano vivere tranquillamente in quella maniera. Cambiò pensiero: " Sennò - disse- se qualcuno di voi vuol venire con me è pure meglio ". Compà Peppe non lo fece finire e disse che bisognava pensarci. " Del resto mancano alcune ore alla notte -disse Compà Peppe -e qualche cosa oramai bisogna pure che la facciamo ". "Ma se lo prendono i Tedeschi e gli fanno dire dove siamo? " - disse Forbicino- " Statti attento che ti possono pure ammazzare " -disse Zio - ma Uliano si era incaponito e poi era fiducioso ; era convinto che non gli sarebbe successo niente. Disse : " Se sto attento non mi pescano. E' notte e piove quando arrivo! ". La discussione cadde improvvisamente. Tutti si misero a pensare per conto proprio. Nessuno più si sentiva il coraggio di accompagnare Uliano. Alle otto di sera Uliano uscì dal convento coperto con due giacche. Si era deciso improvvisamente e gli uomini non avevano trovato niente da dire per impedirgli di andare o per esortarlo. Solo quando Uliano fu sparito nel bosco che scendeva alla sorgente cominciarono le recriminazioni. La cosa migliore ora sembrava che Uliano non si fosse mosso e chi diceva una cosa e chi un'altra, chi diceva che era un male e chi diceva che era un bene. Avevano paura e desiderio di sapere come sarebbe andata a finire. Ora che Uliano doveva essere arrivato quasi alla sorgente tutti bagnati si rintanarono e Zio concluse con un " speriamo bene ". Ma si sentivano inquieti e soprattutto ora che uno di loro aveva avuto il coraggio di uscire dal nascondiglio credevano che il convento non era più un posto sicuro e pensavano di trasferirsi alla grotta di S.Domenico dal1' altra parte della montagna. Si sentivano pieni di vi ta e di idee ma era come se fossero frenati da qualche cosa di pesante. " Mannaggia questo tempo maledetto " - disse Giorgio la Cavalla. Ma la sua voce si perse sul soffitto senza sollevare nessuna eco. Nessuno aveva voglia di parlare e nessuno ebbe il coraggio di accendere il fuoco.

IV

Uliano intanto correva a precipizio verso il paese. Aveva ventun anni Uliano ed era alto ed era il più forte giovane del paese e non aveva mai avuto paura di nessuno. Ma ora correndo nella notte con la pioggia che cadeva forte e faceva molto rumore sbattendo sulle foglie che si staccavano e spesso gli cadevano addosso provava una certa inquietudine che lo faceva agitare a ogni momento. La corsa stessa gli creava dei fantasmi inseguitori e non aveva che raramente il coraggio di rinfrancarsi voltandosi indietro. Arrivò a metà strada e se ne accorse dai primi campi coltivati. Si fermò ansimando. "Mannaggia -disse- tengo furie di dietro. Queste sono le terre di Giosafatt. Arriverò alle Fonticelle alle nove e mezza". Ma con tutto ciò non rallentò l'andatura di prima e arrivò effettivamente alle Fonticelle alle nove e mezza. Era bagnato fradicio, con i capelli e la barba incollati e grondanti, con il viso stravolto e dimagrito. Anche gli occhi sembravano dimagriti ma brillavano di più come quando aveva bevuto più del solito. A rifletterlo bene aveva una espressione insolita. Era sempre stato un giovane calmo, con i lineamenti composti e quasi fini, ora invece sembrava cambiato di carattere. In effetti nemmeno da soldato, sotto le bombe, a Bari, si era mai sentito così. Aspettò un quarto d'ora nascosto dietro le macchie di more a cento metri dalla casa di Mariotto. La strada provinciale sotto di lui era buia e deserta e solo si vedeva un pallidissimo riflesso del velo d'acqua sull'asfalto. Cercò di calmarsi e poi cercò di rassettarsi un poco con la mano destra ma non ci riuscì e subito smise con un lieve scatto di nervi. Si dominò un momento e chiuse il grosso coltello a serramanico che aveva sempre tenuto aperto nella sinistra, perchè era assolutamente mancino. Lo accomodò nella tasca della giacca di Compà Peppe che portava sopra la sua. Si passò la mano sotto la camicia e si sentì tutto bagnato; rabbrividì per tutto il corpo. Aveva una strana paura di bussare alla porta di Mariotto. Si sentiva pieno di diffidenza e si accorgeva che era un sentimento nuovo per lui. Forse perchè prima non aveva mai avuto bisogno di essere sospettoso. Pure sapeva che la moglie di Mariotto era in casa e lo avrebbe protetto anche perchè Incoronata gli era lontana parente. "D'altronde pure Mariotto sta alla montagna" pensò. Alla fine strisciando quasi per terra, riuscì ad avvicinarsi alla porta della casa che stava dietro una curva della strada provinciale a un trecento metri dal paese. A mezza strada lo colse il sospetto che nella casa ci poteva essere qualche tedesco o perchè avevano obbligato Incoronata a dare alloggio o magari proprio per Incoronata che era una bella donna. Si ricordò che qualcuno in paese aveva detto qualcosa su Incoronata ma lui non ci aveva mai creduto. Si pentì del cattivo pensiero e dimenticandosi del primo che poteva essere giusto bussò alla porta chiamando nello stesso tempo sommessamente la donna. Incoronata aprì quasi subito credendo che fosse il marito. Quando vide Uliano non seppe più che dire e Uliano risolutamente entrò chiudendo la porta e mettendo il catenaccio. Incoronata però era abbattuta e disse: " Ulià., che sei venuto a fare proprio stanotte, mannaggia!" "Perchè è successo qualche cosa?" " No, anzi ieri sera i tedeschi se ne erano andati quasi tutti e noi avevamo pensato di portarvi le coperte e la roba da mangiare". "Ma se se ne vanno noi potremmo addirittura tornare al paese" - disse Uliano in fretta. Nuovi pensieri gli ballavano davanti agli occhi. : "Questo no- disse Incoronata- per l'amore di Dio. Quando sanno che nei paesi ci sono gli uomini vengono all' improvviso. Io non lo so come fanno". In un lampo Uliano pensò che per uno solo non si sarebbero mossi. D'altronde di passaggio ci sono sempre. Noi volevamo venire stamattina alla montagna ma poi è arrivata una fila di camion da Sulmona e si sono fermati proprio qui. Viaggiano di notte e infatti adesso se ne sono andati ma qualcuno ancora ci sta. Avevamo deciso di venire domani mattina e così se tu volevi proprio venire ci incontravi per la via. Se venivi domani era meglio". "Oramai quello che è fatto è fatto" - disse Uliano. Era indeciso ora, non sapeva esattamente quello che avrebbe fatto, non riusciva a capire perché era voluto venire a tutti i costi. Ora gli sembrava che era stato stupido e che venire o non venire era la stessa cosa. Incoronata lo guardò e le fece compassione. "Come state lassù? E Mariotto sta bene?" Non aspettò la risposta. "Al paese non succede niente e non è successo niente da quando voi siete andati alla montagna". Ora Uliano domandò : "Stanno tutti bene al paese? Non è successo niente?" Incoronata rispose: "Stanno tutti bene se Dio vuole. Non è successo niente".Uliano tacque ma Incoronata lo aiutò: "Consolata sta bene pure essa. L'altro giorno si è sentita un po' male e tua madre la è andata a trovare, ma tu non ti devi preoccupare. E' roba di femmine". Uliano non capì assolutamente di che cosa si poteva trattare nè lo colpì il fatto che Consolata si era sentita male ma gli venne insormontabile il desiderio di vedere subito Consolata, di guardarla e di sentire nello stesso tempo che lui la guardava la voce della suocera che gli diceva che Consolata stava bene, che si era sentita male l'altro giorno ma che lui non si preoccupasse, che era roba di femmine. Disse risolutamente: " Beh Incoronà, allora ricordati delle coperte e dei cappotti oltre alla roba da mangiare. Io vado alla casa di Consolata". "Ma se ti ho detto che Consolata sta bene, che non è nulla, vuoi passare proprio per la piazza a quest'ora. Sei stupido?" "Incoronà - disse testardo Uliano - io ci vado". Si mosse per uscire. Incoronata gli andò incontro e gli disse sul muso: "Sei stupido? I Tedeschi alla piazza hanno messo un manifesto che dice che non si può uscire dopo le sette, che c'è...come si chiama, il coprifuoco. Statti attento e non fare il testardone". Uliano disse subito:" Ma io posso uscire per la Frescura così non passo in mezzo al paese. Se salto il muro di Ruscitto basta che giro dietro alla casa di Innacquato e sono arrivato. Lassù è difficile che incontro qualcuno. In ogni maniera io ci devo andare". "Ma non c'è necessità che Dio ti benedica" - disse Incoronata. Uliano uscì dimenticandosi di ricordare ancora una volta a Incoronata le coperte e la roba da mangiare. Scese subito alla Frescura. Si calò sul tetto della casetta degli spiriti che tanta paura gli faceva quando era bambino. Ma non se ne ricordò neppure. Girò per un chilometro intorno al paese e poi si trovò di fronte al muro di Ruscitto. Improvvisamente lampeggiò ed egli impaurito si schiacciò contro il muro. Poi tuonò forte. "E' strano- pensò Uliano - che tuoni così quasi d'inverno. Oggi non c'è stato nemmene un lampo". Aspettò un minuto. Poi cominciò a scalare il muro. Si fece male a un dito. "Mannaggia"- disse - ma continuò a salire sul muro del resto facile da scalare costruito così pietra su pietra senza calce. Arrivato in cima saltò subito perchè sapeva che dall'altra parte il muro era molto più basso. Si raccolse per terra e quando fu sicuro che non era stato sentito si mise a correre velocissimo verso la casa di Consolata. Corse per cento metri e stava quasi per bussare alla porta quando uno che gridava in una lingua sconosciuta lo fece tremare da cima a fondo. Prima che si rendesse conto di quello che accadeva si mise a scappare come il vento verso il muro. Si sarebbe messo in salvo tra le macchie. I Tedeschi certo non conoscevano il posto. Aveva fatto soltanto alcuni metri quando sentì violentissima una forza alla nuca che lo sollevò di peso e lo scaraventò in volo, con le mani aperte come per ripararsi dalla caduta su una merda di vacca squagliata dalla pioggia qualche metro più avanti. Dietro la finestra Consolata che ormai sapeva di essere incinta cadde pesantemente al suolo.

Aveva smesso di piovere.


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Marco Di Cicco 7 february 2001.

 
 
Nota

Buono l'impianto narrativo. Dinamica ed efficace l'azione. Rare le parti descrittive. Lo stile e' pulito, classico, forse volutamente scarno (privo di elaborazione linguistica e letteraria). La metafora sembra quella dell'esperienza individuale (amore, progetti personali) che e' senza speranza nelle esperienze tragiche collettive (Elena Becchi Di Cicco).  
 
 


Last revised 19 February 2001  -
Andrea Di Cicco