Morte di Ceppo d'inverno

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TESTO
 
 
 
 
 
Morte di Ceppo d'inverno
inedito
 
 
 
Antonio Di Cicco (1931-1989) - Morte di Ceppo d'inverno (1962)
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Da come si sentiva Ceppo d'inverno capì che la febbre gli era calata e che forse adesso addirittura non ne teneva più. Provò che poteva muovere liberamente le gambe senza stancarsi se le cambiava di posizione e senza che gli dolessero se le teneva ferme. Anche la sete che lo aveva tormentato per quasi tutta la notte se ne era andata. Si sentì rinato. Poi la pendola della nonna gli tolse quella vaga ansia che era il desiderio di sapere l'ora. Tuttavia si meravigliò a sentire che erano ancora le tre e tre quarti. Cinque minuti dopo anche l'orologio del comune suonò le tre e tre quarti. ``Chissà quale va bene'' pensò Ceppo d'inverno, felice. Gli piaque molto che si sentisse veramente bene; infatti lui era così. All'improvviso lo prendeva l'ipocondria e allora abbassava la testa sconsolato rapidamente. E allo stesso modo poteva cambiare umore dal nero al bianco.

Era troppo presto per muoversi dal letto anche se si sentiva bene e riposato. Cercò di stare calmo e di non pensare a niente per favorire il sonno e far passare quelle ore che mancavano alla mattina senza accorgersene.

Quando si svegliò sebbene la finestra fosse chiusa e la stanza al buio Ceppo d'inverno ebbe la sensazione sicura che fosse ancora molto presto. Ora teneva un poco di pastone alla bocca ma in complesso si sentiva ancora meglio, più in forze.

Come si gettò dal letto però fu assalito da tremiti di freddo. Cominciò a vestirsi in fretta e furia per cercare di scaldarsi subito e non prendersi un accidente e cercò con disordinata attenzione le scarpe dato che il pavimento sembrava di ghiaccio. Non che si sentisse male di nuovo o che appena alzato dal letto si fosse accorto che si trattava di una falsa miglioria ma certamente gli sembrava che il freddo fosse eccezionale. Si mise il cappotto e cominciò piano piano a scendere le scale, verso la cucina. ``Raffaeele'' chiamò la madre. Ceppo d'inverno non si seccò per questo anche se aveva tentato di non farsi sentire.

Si diresse verso la camera della madre e vide da sotto la porta che la madre teneva la luce accesa. Suo padre dormiva con le braccia conserte, calmo e composto, silenzioso come un morto. Gli fece impressione vederlo dormire così; non ci aveva mai pensato ma si sentiva stupito lo stesso perchè ora si rendeva conto che secondo lui suo padre doveva dormire in tutt'altra maniera.

Perchè infattti il suo copro dava tutta un'altra idea. La madre invece era sveglia da parecchio come si vedeva benissimo e stava sdraiata sulla sponda del letto a destra con la testa girata verso la porta.

``Mi hai chiamato ma' '' - disse Ceppo d'inverno.

``Si - disse la madre - dove vai a quest'ora, perchè ti sei mosso dal letto?''.

``Niente ma' - disse Ceppo d'inverno - andava sotto al cesso ma mo' mi sento bene.'' Disse questo per cominciare a convincerla.

``Vieni qua - disse la madre - fammi sentire la fronte''.

Parlavano piano per non svegliare Caporale. Ceppo d'inverno si piegò sulla madre e avvicinò la sua fronte alle sue labbra. La madre gli applicò la bocca anche sugli occhi e sul collo.

``Zitto alla mamma - disse la madre cercando di sentirgli il polso come ultima prova - mo' pare che non ne tieni''.

``Te l'ho detto che mi sentivo bene - disse Ceppo d'inverno - non aver paura che quando la tengo me la sento addosso come se avessi il termometro''. Si sorrisero.

``Non ti ci stare troppo - disse la madre - e tieniti il collo del cappotto alzato sul petto perché là sotto fa freddo''.

``Che mi ci debbo stare a fare'' disse Ceppo d'inverno. Stava uscendo.

``Hai capito - disse la madre - mi raccomando''.

Ceppo d'inverno la guardò con tenerezza perchè faceva sempre così. Scese ancora le scale che terminavano nella cucina grande. Accese la luce ma poi la spese subito. Dalla finestra grande, sui bordi, si infilava una linea di luce, ma come una lista lucente della finestra, senza penetrare nella stanza. Ceppo d'inverno si avvicinò alla finestra e aprì le persiane. Il giorno cominciava proprio allora. Nevicava con calma, ma fitto a grandi fiocchi cenciosi. Ceppo rimase incantato a guardare mentre una folla di pensieri e di speranze gli si accalcava nella mente. Ceppo d'inverno odiava quella sensazione di disagio e di paura che viene quando si è costretti a pensare a molte cose nello stesso tempo e sforzandosi decise di rimandare tutto a più tardi. Chiuse la finestra e andò ad accendere la luce per far sparire l'esterno dalla vista. Poi però aprì la finestra di dietro della cucina da dove si vedeva la campagna tutta bianca. Anche di qua nevicava fitto fitto e i cencioni cadendo ordinatamente facevano un bellissimo muro bianco e soffice che riposava lo sguardo impedendogli di vedere le cose distanti. Anche le montagne che pure stavano a meno di un chilometro erano cancellate ed ora era come se non esistessero. Sul davanzale della finestra c'erano un cinque centimetri di neve, ma per terra ce ne dovevano essere un cinquanta centimetri perchè il freddo aveva fatto gelare la neve di tre giorni prima in modo che questa nuova cadeva su un terreno già preparato e non se ne sprecava nemmeno un grammo. Non aveva dovuto fare nemmeno la fatica solita per aderire alla terra dopo averne a sue spese raffreddato la crosta. Anzi a ragionare così ci potevano essere addirittura fino a settanta centimetri di neve. Tutto si vedeva bianco.

Ma non era così lo spettacolo. Questa era una finzione che non valeva perché così si cancellava il resto della terra. Invece la terra doveva essere come era sempre stata, presente e con tutti i contorni. Anche se questo era meglio che niente.

In ogni modo adesso si doveva aspettare che smettesse di nevicare e non si poteva fare altro per il momento. Ceppo d'inverno si sentì invadere dall'agitazione. E invece siccome c'era abituato doveva stare calmo. Se era agitato allora gli prendeva come un tic nervoso alle mani e le doveva chiudere a pugno con il pollice dentro le altre dita e nello stesso tempo doveva chiudere gli occhi. Pure questa era una storia. Se teneva qualche cosa in mano la doveva lasciare altro che. Pure questa era una cosa seria e avrebbe dovuto decidere di starci attento.

Si ricordò di sua madre e allora decise di risalire alla camera sua sebbene la posizione della finestra fosse molto peggiore. Cercò di farsi sentire ma poi per sicurezza bussò piano con le nocche alla porta della madre.

``Si si'' - disse la madre.

Ceppo d'inverno si andò a chiudere in camera sua. Dalla finestra si poteva controllare lo stesso il tempo, e sarebbe stato attento a vedere quando smetteva di nevicare. Poi naturalmente sarebbe uscito. Ci sarebbe stato da litigare con la madre ma lui sarebbe uscito a tutti i costi. D'altronde stava bene ora.

I fiocchi della neve cadevano lenti come se fossero stanchi, proprio come piacevano a un Ceppo d'inverno che teneva in odio le tempeste e il vento e la neve negli occhi che ti facevano maledire il momento che eri uscito. Così uno poteva uscire tranquillamente e sentirsi cadere la neve sul cappello che diventava pesante. E allora uno si poteva godere la nevicata come meglio voleva.

E aveva ragione lui. Quando veniva la primavera si ammalava.

Cioè lui si ammalava perché veniva la primavera. Oramai lo sapeva e non ci poteva essere uno sbaglio. Infatti ora che rinevicava si era subito sentito meglio.

Ceppo d'inverno si portò la sedia dietro la finestra e si mise a sedere dietro i vetri chiusi. Li pulì accuratamente col fazzoletto e se lo tenne in mano per essere pronto a pulire l'appanamento non appena si riformava.

Questa seconda nevicata era strana. Era come se fosse pieno inverno e invece lui sapeva che l'inverno era ormai finito e quando c'era era stato un inverno asciutto, senza nemmeno un'aria da neve.

Tre giorni prima, quando nessuno se lo aspettava più, aveva scaricato in poche ore mezzo metro di neve ma nessuno aveva creduto che potesse durare. Infatti già dal giorno prima le strade erano piene di neve squagliata, brutta, e camminarci sopra era impossibile e di nessun gusto a meno che non si aveva piacere a sporcarsi e a bagnarsi fino al ginocchio. Eppure aveva nevicato in modo tale che sembrava che l'inverno ancora non fosse definitivamente finito. C'era stata proprio una tempesta e, a parte qualche piccola pausa, aveva nevicato tutto un giorno con grandissima forza e il vento era quello che non ti faceva uscire il fiato.

Ma non era una cosa bella e lui non si era dispiaciuto quasi per niente di non averla potuta vedere perché non aveva la forza di alzarsi dal letto. E la neve subito non era stata più bianca come nell'inverno, e non soltanto nel paese dove si sporca prima ma anche sulle coste delle montagne dove aveva nevicato di meno che nella valle. D'altra parte il vento aveva aperto grandissime chiazze nere tutt'intorno e tutto si era guastato già dal giorno dopo. Oltre poi che, in quelle condizioni, la neve più traditrice era proprio quella che si manteneva bianca alla superficie, candida pulita luccicante. Perché se avevi il desiderio di camminarci sopra e sentirla morbida cedere piano piano sotto il piede fino a che con un piacevole scricchiolio diventava solida e il piede si fermava, allora invece sprofondavi fino al fondo e facevi salire l'acqua nera e schifosa che stava sotto fino alla superficie e tutta la neve circostante l'assorbiva e si macchiava dandoti un senso di pena e di rovina.

E pensare che l'inverno con tutte quelle belle giornate anche se era stato molto freddo, era come se non ci fosse stato. La neve si era fatta aspettare per Natale e non era venuta quando a Natale doveva essere alla seconda volta. Ubaldo che aveva fatto il saputo e l'aveva anche convinto era stato sbugiardato.

Ubaldo spesso diceva delle cose che invece avrebbe fatto meglio a non dire. Lui diceva anche che al Canadà la neve ci stava per sei mesi all'anno sempre uguale e bianca, gelata la mattina e tutta a puntini brillanti la sera, nelle giornate di sole. Ma certamente non ci si poteva credere. Non poteva essere assolutamente e c'era da scuotergli la testa in faccia. La neve poi non era venuta nemmeno a Capodanno e nemmeno alla Befana. Era stata scostumata tanto che non aveva fatto nemmeno alla Candelora. E così era tutta la vita che sia maledetta. Uno aspetta per mesi che una cosa avvenga, succeda, e invece poi ti devi accontentare di come stai senza che quella cosa sia venuta. Da quello che ne poteva sapere capitava così a tutti quanti o quasi.

Eligio si era fissato che doveva andare all'America e tutti gli dicevano che stava già in quota. E quello invece era ammalato e perciò all'America non ci sarebbe potuto andare mai. Eppure Eligio stava sempre a parlare di come sarebbe partito e di quello che facevano gli uomini che vivevano negli Stati Uniti. Certe volte pareva una tromba che diceva sempre la stessa cosa perchè prima lo prendevano in giro Elì quando vai all'America e quando lui ci si accalorava e diceva sempre le cose che aveva detto la volta prima allora tutti si scocciavano. Ma lui, Ceppo d'inverno, lo capiva. Gli altri no o almeno non sempre lo capivano povero Eligio, ma lui si. E così pure per lui. Adesso la neve era venuta, ma alla fine dell'inverno, anzi quando già era cominciata la primavera dato che lui si era dovuto mettere a letto, ed era logico che non potesse durare. Era venuta ora che invece era meglio che non fosse venuta perché era stupido che facesse la neve a primavera quando si sa già dall'inizio che è una cosa che non può durare. E questo naturalmente toglie valore al fatto e non significa più niente. Lui infatti subito si era preso la febbre e il male alle ossa che lo prendevano sempre a quel periodo e non aveva sperato nemmeno per un attimo che si fosse sbagliato. Però non si può mai sapere. Ora era strano che fosse tornato a nevicare tanto più che il male sembrava passato ma nemmeno adesso c'era da farsi illusioni. Tutt'al più poteva sfruttare la situazione per un paio d'ore se avesse smesso di nevicare di giorno. Tante volte si raggiunge lo scopo proprio quando meno te lo aspetti. Ma lui già da molto tempo sapeva questo e quindi passato il primo momento di agitazione doveva aspettare e scegliere il momento opportuno. Ora c'era da sperare soltanto che smettesse di nevicare di giorno per non dar tempo alla nuova stagione di squagliare tutto. Stava bene anche lì sebbene dalla sua finestra non si vedeva niente bene. A parte ora che non ci si vedeva proprio anche tre giorni prima era stata la stessa cosa. Infatti la finestra guardava sopra la frescura, a valle, dove per la confluenza di tutte le acque del paese c'era una infinita quantità di alberi, specialmente di noci, alti e grossi che non paravano la neve e se la tenevano addosso ma nello stesso tempo rendevano brutta e scabrosa la superficie della neve a terra. E per questo soprattutto dalla finestra della camera dove dormiva tutto si vedeva disordinato e di diversi colori. Invece lo spettacolo era quando si poteva guardare tutto e dappertutto dovunque guardavi era un colore solo. Allora si. Tutto tutto bianco.

Perché il bianco era certamente un magnifico colore anche se non era tanto per questo. Poteva essere anche rosso o verde o marrone o azzurro o ciclamino, a patto che ci si vedesse, di qualsiasi di questi colori ma di uno solo di essi. Allora sarebbe stata la cosa più bella che si potesse vedere, senza alcun dubbio. Eh, lo spettacolo. Certo però quegli altri colori non avevano la minima probabilità di diventarlo, ma il bianco forse si e allora bisognava saper aspettare e non essere impazienti.

Perciò era stupido che a lui gli venisse la rabbia del fallimento ma tante volte proprio non ne poteva fare a meno. Perché tutti gli uomini si arrabbiano e altre volte invece no delle stesse cose e tutto questo senz'altro dipende dalla vita che a volta a volta si presenta sotto forme diverse e tu le prendi una volta in una maniera e un'altra in un'altra. Perciò il brutto veramente è quando uno si convince che non c'è niente altro perché allora non c'è più la ragione di arrabbiarsi o no. Allora uno deve vivere come Tobillo cioè come un cane stupido. Quella volta lui aveva detto a Tobillo che pensasse ad arrivare al 2000. Era per quello.

Lui per conto suo se lo immaginava. Quando veniva una buona neve come adesso ma d'inverno meglio che in quelle condizioni dove guardavi certamente non era mai stato tutto di un colore solo, ma già così se non guardavi il cielo o altri punti determinati che potevi schivare ti potevi fingere che veramente lo spettacolo fosse venuto. Chissà se nella vita gli sarebbe toccato di vederlo una volta. Sarebbe una meraviglia che un tremito ti avrebbe preso per tutto il corpo e le mani non avrebbero potuto stare nè chiuse nè ferme e ogni volta che riaprivi gli occhi ti saresti accorto che era proprio come prima. Ti potevi rovesciare da cima a fondo e essere contento per sempre. Quello non poteva essere la fine della vita. Doveva proprio al contrario farla significare qualcosa e riempire tutta la vita che ti rimaneva dopo.

Sarebbe stato come quando i vecchi raccontano sempre una cosa che hanno fatto o che è successa quando per loro era un altro tempo. No quei vecchi che parlano di mille cose della vita passata perché quelli fanno capire con tutte quelle cose che non hanno mai avuto niente di così speciale nella vita. Lui diceva quei vecchi che raccontano sempre la stessa cosa e che anche quando parlano d'altro stanno sempre per raccontarla. Quelli sicuramente avevano avuto per loro quello che avrebbe avuto lui con lo spettacolo. Perciò ci stava bene insieme e li faceva sempre parlare di quella cosa. Anche perché era difficile capire di che cosa si trattava veramente e che cosa significava veramente. Tobillo era perciò un poveraccio, che non parlava mai proprio perché non gli erano successe nemmeno quelle piccole cose che perlomeno avevano avuto gli altri. Certo che arrivare a 60 anni e non avere più speranze per certe cose doveva essere come non essere nati e accorgersi invece di avere un corpo. Ma anche Tobillo faceva compassione. In quanto era una cosa di natura.

Non bisogna assolutamente cercare qualche cosa. Se non la tieni così senza fare nessuno sforzo, perché così con quella cosa era come ci fossi nato, allora non c'era niente da fare. Ora quando uno non ci è nato così e non se ne accorge e pure se non tiene niente cerca di fare qualcosa lo stesso, anche se fa compassione, quello per sua fortuna non se ne accorgerà mai di non tenere niente e di stare facendo per niente. Ma la natura certe volte non ti dà niente ma ti dà la capacità di farti capire che tu sei nato così. Allora è il brutto veramente e la cosa migliore da fare è vivere come un cane stupido come Tobillo, anche se pure così sei quello che sei.

``Io mo vorrei sapere con precisione se mi sta per rivenire il male alle ossa. Mi risento tutto come se tenessi qualche cosa fuori posto.'' Ma questo non significava niente ora come ora. Questo gli capitava anche l'inverno. E faceva sempre freddo e lui stava di nuovo rannicchiato e intirizzito, Ceppo d'inverno.

Se ricominciava a squagliarsi la neve era una cosa seccante proprio. Il tempo così faceva venire i nervi. Era passato un altro inverno (con) senza niente e anzi stavolta era stato come se non fosse venuto per niente se si toglievano questi ultimi tre o quattro giorni che poi non erano dell'inverno. Quest'anno non avevamo nemmeno potuto fingere e in un certo modo fare le prove perchè si era ammalato giustamente. Ora ti dovevi quasi rassegnare se aumentava quel male alle ossa e aspettare la volta buona al prossimo inverno. L'anno prima che c'era stata tanta neve per tre mesi era stato tutto diverso. Per tre volte di seguito era sembrato addirittura che fosse venuto lo spettacolo. E certo aveva potuto fingere che fosse venuto mettendosi di spalle al paese e guardando il cielo. E sebbene non aveva sentito il tremito meraviglioso delle sue ossa che battevano con tutto il mondo e quella necessità di rovesciarsi con tutto il corpo pure gli era preso il tic alle mani e agli occhi senza essere agitato e la sua contentezza rassomigliava a quella felicità infinita che immaginava. Aveva potuto battere le mani e essere contento, felice a metà, con la testa bassa. Gli faceva rabbia di più ora, al ricordo, il cielo azzurro o nero che egli non guardava più intenzionalmente che il cielo avrebbe cercato di impedire per sempre che ci fosse lo spettacolo. Le prime volte quando pensava così era arrabbiato e singhiozzava di rantoli perché così era una limitazione. Senz'altro era una cosa diversa e non ci si poteva accontentare. Allora però lo avevano preso per una ipocondria e una sfiducia che gli erano rimaste e che spesso non gli davano requie. Perché lui voleva poter alzare la testa quando voleva, tutte le volte che voleva quando ci fosse stato lo spettacolo, e invece era impedito fare una cosa innocente.

Ma d'altra parte se alzavi la testa finiva tutto siccome da questo punto di vista il cielo era implacabile e alora di sicuro ti dovevi contentare di tenere la testa bassa sul petto e magari un poco più sù, fino a tre quarti della montagna nuda perché più in alto era pericoloso in quanto così non si poteva misurare la distanza al centimetro.

Ma vedere il vero spettacolo era il problema su cui bisognava riflettere di più e pensare a risolverlo quanto prima. Bisognava che lui non trascurasse niente anche se forse da lui non dipendeva.

Ancora non sapeva se era nato fortunato o sfortunato, cioè felice o infelice. Se lui riusciva ad avere quella fortuna allora certamente era come se si fosse messo con le spalle al sicuro.

Certo era così e dopo poteva vivere bene in qualsiasi maniera.

In ogni modo la necessità era quella di fare presto, prima di morire, perchè al mondo non si sa mai. Mo lui non teneva ancora 21 anni e perciò era giovane, ma come si fa a dire qualche cosa? Voglio vedere io. E per avere tutto completamente si doveva ricordare assolutamente tutto quello che pensava e non scordarselo più.

Poi, senza pensare proprio alla morte, per lui in particolare c'era il pericolo di diventare cieco. Lui tante volte aveva avuto una paura terribile di questo e ne aveva parlato con Ubaldo.

Ubaldo era un uomo intelligente e gli voleva bene. Perciò ogni volta che lui era impaurito Ubaldo gli faceva coraggio e gli diceva che non si doveva preoccupare. Ma non c'era da fidarsi perché questo dipendeva da come stavano di cervello. Lui e Ubaldo erano amici, Ceppo d'inverno e Ubaldo.

Certo lui verso i suoi parenti sentiva qualche cosa di diverso perché erano del suo stesso sangue. Per esempio anche se qualcuno di essi lui non lo poteva soffrire pure se gli capitava qualche cosa o sentiva che sparlavano di lui, si sentiva urgere un disagio che lo spingeva a prendere le sue difese o a preoccuparsi molto per lui. Era così. Non sapeva dire perché era proprio così ma sapeva che non ci si poteva fare niente. Tuttavia non poteva dire che tutte queste cose fossero più importanti o più forti di quello che sentiva per Ubaldo. Con Ubaldo egli si comportava in un'altra maniera, più sciolta, senza segreti e più liberamente. Con lo starci insieme (molto) gli sembrava di aver capito molte cose di lui ma ancora non riusciva a sapere se Ubaldo pensava a qualche cosa di definito e di sicuro o se ancora non aveva riconosciuto quello che doveva cercare. Su questo argomento lui non ci aveva mai potuto parlare perché Ubaldo non aveva mai voluto rispondere seriamente e aveva sempre finito con l'arrabbiarsi quasi subito.

Perché Ubaldo era fatto così. Se tu andavi a lamentarti allora lui ti consolova e ti prendeva addirittura per stupido ad abbatterti così, ma se andavi da lui contento e magari facilone a risolvere le cose allora lui ti buttava giù e addirittura cercava di metterti paura anche senza farlo troppo vedere. Ma non era tutta colpa d'Ubaldo perché anche lui, Ceppo d'inverno, era così perlomeno per quello che riguardava la sua persona e i suoi pensieri, e forse anche gli altri uomini a conoscerli bene erano così, come lui e Ubaldo.

In ogni modo per i suoi occhi bisognava risolvere quanto prima era possibile e mettersi un paio d'occhiali buoni, se no la vista diminuiva ancora. Perché se Scalzetti era un bravo oculista, malgrado Ubaldo e i suoi preconcetti, tante volte contro la natura non si può fare niente. Non ci sta proprio niente da fare, tante volte. Però non era detto che pure per lui fosse così e perciò si doveva tentare e mettersi gli occhiali quanto prima. Ma prima bisognava misurarli bene e sceglierli adatti e precisi ai suoi occhi e alle sue condizioni fisiche perchè se no potevano essere peggio di niente. Per questo Scalzetti aspettava e sebbene fosse tanto lento da farti fare mille pensieri forse proprio per questo era un bravo medico. Bisognava avere fiducia negli uomini che lo avevano messo a dirigere un ospedale per quanto riguardava gli occhi oltre al fatto che Scalzetti teneva uno studio per conto suo. ``Ma Scalzetti non è buono a niente e per niente'' Ubaldo lo diceva seriamente perché proprio era convinto che Scalzetti era uno scalzacani. Ma lo diceva anche sorridendo perché se voleva che Ceppo d'inverno e più suo padre prendessero la pulce nell'orecchio aveva come paura che loro credessero completamente a quello che lui diceva sull'incompetenza di Scalzetti. Perciò lo diceva serio, ma come se scherzasse. Però queste affermazioni assolute Ceppo d'inverno non le poteva digerire.

``Come non è buono - disse Ceppo d'inverno - non è buono perché tu ti credi che non ha azzeccato la cura a tuo figlio. Ma è proprio questo che non c'entra e tu non lo vuoi capire''.

Ubaldo scosse la testa debolmente, urtato.

``Prima di tutto il professore che ha guarito tuo figlio - disse Ceppo d'inverno - ha detto che Scalzetti aveva indovinato e che a quel tempo non c'era niente da fare. E poi questo che conta per me non sbaglia. Questo conta invece io sono sicuro che per me ha indovinato e che quello che sta facendo è l'unica cosa che si deve fare.''.

Ubaldo non rispose subito. Cercò di pettinare Nino e gli tagliò l'ultimo ciuffo sporgente. Lo guardava con la coda dell'occhio. ``Ma allora dopo quasi sette mesi perché ancora non ti ha fatto mettere un paio di occhiali come si deve'' disse poi Ubaldo calmo calmo. Nino si girò verso Ceppo d'inverno scostando la mano tagliente di Ubaldo.

``Ma perché ti devi mettere gli occhiali tu, Ceppo d'inverno?''

Così disse Nino e lu fu molto contento che Nino si era interessato di lui e che l'avesse chiamato col suo nome.

``Eh - disse subito Ceppo d'inverno - Tonì, io tengo otto gradi di vista mancanti a tutti e due gli occhi. Tanti hanno detto pure quando mi hanno scartato alla visita''.

``Quale visita'' disse Nino. Nino non riusciva a capire ma soltanto perchè non viveva al paese e perciò tante cose non le sapeva. Sennò era un giovane intelligente e lui lo avrebbe desiderato moltissimo come amico. Sarebbe volentieri diventato suo amico. ``Alla visita militare'' disse per lui Ubaldo. Nino si meravigliò moltissimo. Era un bel giovanotto, distinto. Non lo vedeva spesso Ceppo d'inverno perchè non viveva al paese ma si vedeva che gli sembrava che Ceppo d'inverno fosse molto cresciuto. Avrebbe giurato che l'ultima volta che lo aveva visto Ceppo d'inverno teneva dieci o undici anni.

``Ma tu hai già passato la visita militare'' disse Nino.

``Ma quanti anni tieni'' disse sempre Nino.

``Quasi ventuno adesso'' disse Ceppo d'inverno.

``Ma guarda come è cresciuto questo'' disse Nino.

``Eh eh - disse Ubaldo - il tempo passa che sia maledetto. Mo, mi ricordo eravamo ragazzi noi''.

Ceppo d'inverno si vide passare nello specchio che Ubaldo girava dietro la testa di Nino. Come quando era contento sporgeva gli occhi con una mossa e un atteggiamento che in lui erano normali ma che invece solo lui riusciva a fare. Non li dimostrava 21 anni, aveva ragione Nino. Teneva il corpo di un ragazzo alto ma di 14 o al massimo 15 anni, se si guardava dall'alto in basso.

Era contento allora perché c'era pure Nino a sentire la discussione e lui voleva capire se Nino dava ragione a lui o a Ubaldo. Lui a dire la verità lo conosceva poco Nino ma prima per curiosità perchè Nino era un uomo simpatico e poi perché tutti sapevano che era un giovane intelligente e teneva la laurea.

D'altra parte Nino era molto simpatico pure a Ubaldo e forse pure parente alla lontana e quando Ubaldo era stato al Canadà gli aveva scritto. Per questo stava in un'attesa senza smanie e anzi con piacere aspettava che Ubaldo ricominciasse. Sapeva che Ubaldo non aveva finito per allora di paralare di Scalzetti, e aspettava che ricominciasse lui perché non voleva dare a Nino l'impressione che lui stava sempre a parlare dell'oculista e della sua malattia. Certamente Ubaldo glielo avrebbe rinfacciato lo stesso ma così si poteva difendere e ragionarci e anche per questo era contento che ci fosse Nino a fare da testimonio. Nella stanza di Ubaldo c'erano soltanto loro tre e ora c'era un silenzio perfetto. ``Insomma tu pensala come ti pare ma per me Scalzetti non è buono''. Finalmente Ubaldo aveva parlato. Ubaldo scosse la testa a lungo anche quando Ceppo d'inverno aveva ricominciato a rispondere.

``Ma allora sei stupido barbiere - disse Ceppo d'inverno - Tonì, mo senti se Scalzetti non è buono e se la ragione la tiene Ubaldo oppure io. Chi mi ci ha mandato all'ospedale, e per tutta una cura, senza pagare un soldo, completamente gratis?''

Cominciò a far ruotare a metà la mano sul polso, col pollice alzato.

``Per adesso io voglio che tu mi rispondi a questo'' disse.

``Va bene - disse Ubaldo - ti ci ha mandato Scalzetti, ma questo non significa niente. Caso mai significa che è buono di cuore ma non che è un bravo medico''.

``Questo a me non importa - disse Ceppo d'inverno - Intanto mo cominciamo a ragionare. Ma adesso voglio sapere un'altra cosa da te. Perché mi ha mandato all'ospedale così, subito dopo la seconda visita che mi ha passato.''

Ceppo d'inverno sollevò lentamente l'indice e ricomnciò a muovere con un mezzo giro la mano tesa sul polso che serviva da asse.

``Mo voglio che mi rispondi a questo'' disse.

``Perché ti ci ha mandato - disse Ubaldo - se guardiamo al risultato pure se non ti ci mandava era lo stesso''.

``Lo dici tu - disse Ceppo d'inverno - ma io che ci sono stato in mezzo permettimi ma lo so. E te lo dico pure a te così vediamo che dici per far vedere che quello che dico io non è vero. Perchè stavo debole di costituzione e invece per fare la cura agli occhi a me la debolezza deve passare''.

``Uno se si vuole curare gli occhi come me, nelle condizioni mie, non deve stare debole perché se no non si può sapere quanto conta la debolezza e quanto conta l'effettiva mancanza di diottrie alla vista. Perciò uno non si può mettere subito gli occhiali se no non solo è inutile ma col passare del tempo e col cambiare della salute può addirittura diventare più pericoloso portare gli occhiali che andare senza.'' Non si poteva più fermare.

``Hai capito adesso - disse sempre lui - Tu sei sempre lo stesso. Io non capisco perchè la gente deve parlare sempre anche quando non sa niente. Io ti dico prima informati e poi parla. Non è vero Tonì?''

Ubaldo rise. ``Questo si chiama Nino'' gli disse per prima cosa. Poi Ubaldo guardò Nino. ``Ma tu ti trovavi bene all'ospedale - disse Ubaldo - ehi Ceppo stavi bene all'ospedale?''

Lui non potè resistere e si dovette alzare dalla sedia. Aprì il rubinetto dell'acqua ma subito lo richiuse perché raschiava.

``Allora non stavo bene - disse - per forza ci stavo bene. Che poi non lo saprei dire perché, ma all'ospedale mi ci trovavo bene. La mattina ti portavano il latte e tu non avevi pensieri perché non dovevi fare niente. Tutti i giorni meno il venerdì ti facevano mangiare la carne e il venerdì pesce. In un mese che sono stato lì mai hanno portato il baccalà. Mai. Ma ti portavano una bistecca grossa che ti volevi finire. Io non me la finivo mai anche perché non volevano che per la carne non mangiassi la minestra e ne lasciavo sempre un poco che mi dovevo nascondere e poi la dovevo buttare quando ci portavano al giardino per la passeggiata. Senza farmi vedere perché se no erano guai. Avevano ragione e io pure lo capivo perché stavo lì per rimettermi ma proprio non ce la facevo a finirmela''. Ceppo d'inverno aprì con precauzione il rubinetto ma si bagnò le mani. Allora lo richiuse e cominciò ad asciugarsi le mani col fazzoletto perché Ubaldo si arrabbiava se gli toccavi l'asciugamano. Gli sembrava che Ubaldo e Nino pure se avevano cominciato scherzando ora lo stavano a sentire con attenzione e questo era piacevole. Perciò gli era passata la sete.

``Il più bello era stare nella camerata - disse Ceppo d'inverno - Io dentro a quela camerata ci sono stato un mese. Era tutta bianca e pulita e io sono stato fortunato perché quando c'ero io era quasi vuota. Dimodochè ognuno poteva fare il comodo suo. Io qualche volta mi divertivo a cambiare letto ma questo era contro il regolamento e dopo non mi piaceva più di averlo fatto''. Nino e Ubaldo stavano zitti. Ora la faccia di Nino era bianca di sapone. ``Che ti devo dire - disse Ceppo d'inverno - io ci sono stato bene all'ospedale e mi trovavo contento. Perciò me ne ricordo sempre anche se non tanto per queste cose''.

``Ma guarda che deve succedere al mondo - disse Nino - a sentirlo non è per niente strano che è contento di essere stato all'ospedale''. Guardò Ceppo d'inverno con simpatia. Lui gli si avvicinò.

``Tonì - disse - tu dici che io mi sono fatto grande. È il vero. Ma io so che all'ospedale mi sentivo che doveva essere così. Lì vivevo come dovevo vivere almeno fino a quando non mi sono rimesso. Non mi sforzavo per niente e mangiavo bene oltretutto. La razione giusta e non condita con certi sugacci pesanti ma leggera e nutriente. Io sono cresciuto più in quel mese che in due anni qui''.

``Ma a quanto pare non sei guarito'' - disse Ubaldo.

``Questo non c'entra - disse Ceppo d'inverno - Poteva dire altre cose importantissime che aveva capito in quel mese perché aveva fatto una vita diversa ma di questo allora non poteva ancora parlare''.

Non era venuto il momento giusto e quindi assolutamente non ne poteva e voleva parlare anche se erano molto importanti.

``Allora secondo te Scalzetti è buono perché ti ha mandato all'ospedale'' disse Ubaldo.

``No - disse Ceppo d'inverno - no perché mi ha mandato all'ospedale ma perché ha capito che per prima cosa proprio lì mi doveva mandare''.

``E questo significa che Scalzetti è buono - disse ancora - perché uno che fa così sa ed è anche intelligente''.

``Bravo lo stupido - disse Ubaldo - allora mi sai dire perchè da un anno che ti cura ancora non è stato capace di darti un paio di occhiali che vanno bene. Che aspetta che la vista ti si muore in tutto? '' Ubaldo sorrise benevolo.

``Ma perché devi parlare così - disse Ceppo d'inverno - Scalzetti non fa niente prima di essere proprio sicuro che quello che fa va bene. Perché caso mai è pericoloso che mi metteva un paio di occhiali che non era proprio preciso. Invece lui è preciso fino all'inverosimile e per me fa bene. È meglio che sto ancora un po' di tempo senza occhiali che se invece già li portavo e chissà se mi facevano bene. Ma tu, non c'è niente da fare, mo sono parecchie volte, non lo vuoi capire e io non so come ragioni''.

Quando Ubaldo faceva così ti tirava gli schiaffi. Lui non poteva fare a meno di cominciare ad arrabbiarsi perchè Ubaldo non voleva in nessuna maniera capire ragioni. Fosse stato un altro poco gli sarebbe importato ma già che con un altro non avrebbe nemmeno cominciato a parlare. Per lo meno Nino si stava zitto ma forse era perchè la cosa non gli importava come a Ubaldo. E a lui che gli importava invece quando cominciava a fare così pareva uno stupido.

In quel momento Ubaldo lo stava a guardare e anche Nino. Ma Ubaldo e Nino erano già distratti di nuovo e Ubaldo già passava la seconda mano di sapone e Nino perciò si era appoggiato comodamente con la testa alla spalliera e aveva accavallato le gambe. Anche Ceppo si era subito calmato.

``Tu, caro Ceppo invernale - disse Ubaldo - sei proprio un rametto tagliato intisichito dalla neve che non si sa perchè ci sta se non è buono manco per la stufa. Tu parli senza renderti conto di quello che significa quello che dici. Ed è meglio così mica dico di no. Anzi meno male che tu sei soltanto un Ceppo d'inverno''.

Allora Ubaldo non aveva saputo nascondere una tristezza. E lui aveva avuto voglia di piangere se non fosse stato che aveva ancora la convinzione che aveva ragione lui e che prima poi anche Ubaldo lo avrebbe capito. Bevve un sorso d'acqua chinandosi quanto più in fretta potè con la testa dentro il lavandino. Ma poi subito risputò tutta l'acqua perchè si accorse che aveva avuto soltanto il desiderio di rinfrescarsi la bocca, dentro.

``Si fa presto a parlare così - disse Ceppo d'inverno - io lo so che a quest'ora dopo che hai detto così significa che la dobiamo finire con questa discussione. Ma tu fai sempre così, quando non ne puoi più tu allora basta. In ogni modo io dico che tu ti sei fissato in queste cose e invece te le devi togliere dalla testa. Tu parli così ma ti devi convincere che sbagli perchè uno non può parlare come gli pare e piace di una cosa. Sarebbe troppo comodo. Uno per parlare di una cosa la deve conoscere bene e sapere tutto se no non ne deve parlare. E pure quando sa tutto deve stare attento a non dire più di quello che deve dire. Io mica ti dico che Scalzetti è un professorone. Non te lo dico perchè non lo so e non lo posso capire. Ma ti dico che Scalzetti è un bravo medico e che a me sta facendo una cura come si deve.''

Avrebbe potuto dire anche che bisognava avere fiducia in quegli uomini che lo avevano messo a dirigere un ospedale per quello che riguardava gli occhi oltre al fatto che Scalzetti teneva uno studio per conto suo ma allora non ci aveva pensato.

``Tu invece parli sempre come se sapessi tutto e invece non sai niente - disse Ceppo d'inverno - quante volte è capitato che hai detto una cosa che io non sapevo ma non sapevi nemmeno tu e hai fatto finta di saperla per aver ragione''.

``Cammina, cammina, Ceppo d'inverno'' - disse Ubaldo.

``Si si - disse Ceppo d'inverno - tu ti credi che io non me ne accorgo. Tu devi ringraziare che a me non me ne importa tante volte. Ma per Scalzetti non solo me ne importa ma tu non mi puoi dire niente che io non lo so.''

``Questo lo dici tu'' - disse Ubaldo ridendo.

``E chi lo deve dire se no - disse Ceppo d'inverno - Io lo conosco Scalzetti e tu no. Caso mai lo conosce tua moglie che ci accompagnava tuo figlio per quell'occhio storto quando tu stavi al Canadà. Ma tu non lo conosci, questo è sicuro.''

Nino lo guardò. ``Ma perché - disse Nino - la moglie non glielo può dire a Ubaldo quello che pensa di Scalzetti?''

``No Tonì - disse Ceppo d'inverno - prima di tutto devi ammettere che non è la stessa cosa come conoscerlo di persona e poi la moglie mica c'è stata quindici volte come me da Scalzetti. Mica quindici volte. Quindici volte sono tante.''

Ubaldo però fece una faccia come se dicesse poveraccio. Forse lui si era stancato troppo quella volta. Ubaldo pensava povero Ceppo d'inverno ma poi scrollò le spalle debolmente che significava che era meglio così. Anche lui d'altra parte se sentiva che pensava bene aveva l'impressione che quello che aveva detto non era soddisfacente. Le parole non avevano detto tutto quello che lui pensava. Intanto Ubaldo aveva finito di fare il massaggio a Nino e non c'era nessuno più. Nino voleva pagare qualche cosa da bere a Ubaldo al bar di fronte. Si sarebbero seduti ad un tavolo sulla veranda del bar-albergo e avrebbero bevuto anche se Ubaldo beveva raramente qualsiasi cosa. Ubaldo ormai era chiaramente stufo di stare a sentire Ceppo d'inverno. Cominciarono a bere una birra lui e Nino. Ubaldo beveva di mal gusto per fare qualcosa come sempre.

Ceppo d'inverno stava in piedi con le mani appoggiate alla spalliera della sedia di Nino e Nino si era seduto lateralmente e fumava appoggiato con il gomito al tavolino. Lasciava libero buona parte di quel fresco tubo di ferro piegato che serviva da spalliera ed era piacevole stringerlo e girarci le palme sopra. Ceppo d'inverno allora si sentiva già abbastanza stanco ma si dondolava sulle gambe e tutto sommato era soddisfatto. Non se la prendeva della compassione di Ubaldo. Anche per questo da tanto tempo erano amici e perciò era una cosa normale. Invece aveva ancora voglia di parlare perchè sentiva che quello che doveva dire quel giorno era rimasto incompleto. Sentiva il bisogno di parlare anche se avvertiva dentro che stava forse per esagerare la verità.

``Sai - cominciò - per convincerti che Scalzetti è un oculista preciso non c'è che vederlo quando visita. Allora subito te ne accorgi. La prossima volta che ci vado ci vieni pure tu così vedi con gli occhi tuoi. Anche perchè ho piacere che ci parli pure tu. Sono sicuro che se ci vieni ti convinci che ho ragione io.''

``Statti zitto mo - disse Ubaldo - Ceppo d'inverno, basta per questa volta''.

``Devi vedere - disse Ceppo d'inverno e fece un gesto con le mani per dire che era l'ultima cosa che diceva - lui tiene un registro e a una pagina ci sta scritto il mio nome e cognome e il nome di mio padre e mia madre, quando e dove sono nato e altre cose che non ti saprei dire. E lui ogni volta che ci vado ci scrive gli appunti come sto se sono migliorato e tutte queste cose.''

``Così lui volta a volta si rende conto e quando ti visita vede quello che è successo dalla prima volta che ci sei andato all'ultima - disse Ubaldo - ma queste sono cose che fanno tutti i medici; mica Scalzetti soltanto.''

``Non è vero - disse Ceppo d'inverno - io ti dico quella è una pagina di Raffaele D'Antonio. È sicuro. Da come parla si vede che lui mi conosce e sa come sono vissuto senza che nessuno glielo ha detto mai. Per esempio chi gli ha detto che mi è stato tolto il latte troppo presto quando ero nato?''

``Veramente a te tua madre non te l'ha potuto dare per niente - disse Ubaldo - se proprio lo vuoi sapere.''

``Allora dimmi questo - disse Ceppo d'inverno - Come ha fatto a sapere che sono stato sempre debole e anemico? Che sono debole e magro adesso si vede ma chi glielo è andato mai a dire ... ma aspetta non è questo che ti volevo dire. Ah ecco. Certe volte Scalzetti dice delle cose che ti fanno rimanere gelato. Chi gli è mai andato a dire che mio padre e mia madre erano cugini carnali se non portano lo stesso cognome. Non si scappa qui. Mio padre e mia madre sono figli di fratello e sorella. Non si capisce niente da questo. Questa è la dimostrazione. Ora mi sono ricordato di dirtela e non è stato come l'altra volta. Adesso io ti domando e tu mi devi rispondere: chi gli è mai andato a dire che mio padre e mia madre erano fratelli cugini''.

Ma ora non la pensava più proprio così, ma non gli importava troppo. Forse ora doveva cominciare a muoversi perchè non doveva correre il rischio che per pigrizia perdesse il momento buono se per caso decideva di venire. Perchè adesso sembrava che volesse smettere. Ma per ora non ne aveva voglia e forse realmente era troppo presto. Se solo non ricominciava il dolore alle ossa perchè per adesso quel disagio interno alle midolla ancora non significava niente anche se due ore prima non lo aveva avuto, anzi gli era completamente passato. Aveva sentito un rumore poco prima nella casa. Forse era sua madre o suo padre che si era alzato.

Suo padre e sua madre. Sua madre aveva sempre avuto una gamba difettosa come gli avevano detto, ma oramai da più di tre anni era impedita del tutto. Era una donna triste che gli faceva pena. Suo padre poi lui non lo capiva più. Era diventato un uomo strano negli ultimi tempi. La madre non aveva mai contato né accusato ma per suo padre forse aveva ragione Ubaldo, a dire che si era rimbambito. Oramai Caporale si ubriacava tutti i giorni anche con un niente, fosse anche con l'acqua. E si può dire che non faceva più niente e viveva alle spalle della moglie che impedita impedita faceva la sarta. Si interessava soltanto delle feste perché chissà come era entrato nel comitato permanente. E forse davvero, per lo meno un poco si doveva essere rimbambito. E infatti teneva le fissazioni. A 58 anni l'unica cosa di cui non si scordava mai era di comprare il giornale con le figure per i ragazzini. Eppure Ubaldo diceva che non era stato stupido da giovane. Ed era stato anche un bellissimo uomo. Lo chiamavano Ginomitocca allora e non Caporale o Senza Pensieri. Ed era stato pieno di soldi fino a quando si era sposato a quasi 40 anni. Poi si era debosciato, da quando si era sposato diceva Ubaldo, ma non per colpa della moglie. Era perchè se era dovuto abituare a fare una vita tutta diversa da quella a cui si era abituato o perché si era esaurito e già a quarant'anni non ne poteva più. Ubaldo diceva che da giovane aveva tenuto una malattia pericolosissima che aveva riportato dall'Africa. Perché suo padre quando era Ginomitocca aveva girato il mondo e si era sposato tardi. Sua madre era parecchio più giovane di lui, teneva dodici o tredici anni di meno. E pure lei si era ammalata col matrimonio. Ma forse era soltanto che erano invecchiati tutti e due prima del tempo. Per lo meno suo padre era stato in giro. Poi era voluto ritornare. Invece sarebbe stato bello andarsene per sempre da lì e vivere in un modo del tutto diverso. Al polo Nord c'era sempre la neve e il giorno durava sei mesi ma lui malgrado questa cosa del tutto diversa e più bella non aveva mai pensato seriamente di andarci. E non per i soldi o perché probabilmente non ci si poteva vivere, ma perché lì non c'era nessuno e senza gli altri uomini non si può vivere. Dì quello che ti pare, tu puoi stare solo quanto ti pare, magari non parli con nessuno o non li puoi vedere tutti ma devi vivere in mezzo agli altri. Ci siamo nati per questo. Ma in paese era stanco e annoiato di viverci. La vita passata e futura lì appartenevano tutte e due al ricordo e non si può continuare soltanto con questo. Potevano andarsene in America, o al Canadà. Magari con Ubaldo chè era suo amico ma non avrebbe certo avuto paura se avesse voluto andarci da solo. I suoi genitori per queste cose non contavano niente. Suo padre si curava poco di lui ma sua madre gli voleva un bene delle viscere e lui sapeva che lei piangeva per i suoi occhi e per la sua continua mancanza di fame. Ma lui lo stesso se ne sarebbe andato senza rimorsi dovunque potesse vivere diversamente ed era sicuro che se si fosse allontanato ben presto si sarebbe dimenticato anche di sua madre. Non si sarebbe ricordato nemmeno la sua faccia e i suoi occhi sempre uguali. E chi lo sa ma forse sarebbe stato meglio se fosse andata a finire così. Anche la cura di Scalzetti poteva non risolvere niente. L'ultima volta che aveva parlato di questo con Nino e Ubaldo era la fine dell'estate e lui stava meglio. Quella discussione gli aveva messo addosso una ipocondria che lo aveva tenuto per un mese e gli aveva guastato la vita. Perché allora il periodo più brutto dell'anno era quasi passato e lui avrebbe dovuto stare meglio. Il periodo più brutto era all'entrata della primavera. Quando veniva erano guai grossi perché oltre tutto si ammalava regolarmente. Da quando si ricordava all'entrata della primavera si era sempre ammalato. La luce nuova che tornava ogni anno a quell'epoca lo sfiniva e gli continuava a bruciare gli occhi e per questo si ammalava. E così si accorgeva dell'arrivo della primavera. Ci sì era successo pure quest'anno, e poi stupidamente e fuori stagione si era messo a nevicare. In queste condizioni non faceva nessun piacere che nevicasse. Lui aveva sperato che con la neve almeno gli cessasse il male alle ossa ma non era accaduto così. Quando era ammalato lui non diceva niente ma soffriva molto perché non ci poteva riposare al letto e preferiva rimanere solo così si poteva lamentare e stendere con tutta una forza pigra le gambe per far cessare loro la stanchezza di osso come se avesse camminato per chilometri e chilometri una giornata intera. Era una cosa strana perchè in fondo per lui tutte le stagioni erano uguali. Non gli piaceva in fondo in fondo una stagione piuttosto che un'altra. La stessa passione per la bella neve bianca era una cosa che a pensarci bene riguardava il particolare momento in cui nevicava o in cui la neve era già stesa sulla terra. E non altro. L'attesa per lo spettacolo era una cosa ben definita che riguardava l'inverno e non escludeva le altre stagioni. Per questo non gli dava piacere che nevicasse ora che lui sapeva che tanto era cominciata la primavera. Gli uomini, tutti dicevano che sia maledetta quanta neve ti scarica ogni anno e che serva soltanto a far divertire i giovani senza pensieri come Ceppo d'inverno e i ricchi. E che invece, pur servendo quel poco alla campagna per cui bastava molto meno, per la gente normale era una maledizione del Padreterno. Sembrava una cosa importante perché lunga e invece era una cosa che durava molto poco. Anzi generalmente il momento buono non durava più di due o tre giorni e spesso addirittura soltanto qualche ora. E se il momento buono capitava di notte andava sprecato per sempre.

Ma per la primavera non poteva avere simpatia. Se soltanto non si fosse ammalato avrebbe potuto amarla anche se, siccome veniva subito dopo, lui si portava ancora dentro la scottatura della delusione dell'inverno passato. Lui non ci voleva credere ma forse poteva dipendere da questo. Forse era colpa dell'inverno e non della primavera, ma era difficile però.

Oltre alla febbre e al dolore alle ossa che gli prendevano all'entrata del cambiamento del tempo si portava dietro per tutta la primavera un prurito sotto i capelli e alle mani e le palme facevano sempre tante bollicine e poi si spellavano tutte.

E ancora per tutto il periodo gli rimaneva nel corpo una stanchezza anormale come se per farla passare pure momentanemaente dovesse fare qualcosa di positivo. Forse si trattava del bisogno di avere una moglie ma non era sicuro che fosse soltanto questo.

Forse una moglie non avrebbe risolto niente o quasi e in ogni modo presentemente nessuno gli avrebbe dato la figlia in moglie e nessuna donna lo avrebbe voluto sposare così. Oltre al fatto che così nemmeno lui voleva sposarsi. Per farlo prima di tutto non doveva stare in quelle condizioni e poi ci voleva un lavoro. Ci volevano altri anni. E poi a una moglie si deve voler bene, bisogna parlare come lei e invece lui non amava e non sapeva parlare.

Lui era senza parole e non senza pensieri come dicevano.

Fino ad allora gli era piaciuta soltanto Maddalena, due primavere prima. Lei allora teneva quattordici anni e lui ne teneva diciotto e mezzo. Gli era piaciuta una volta due mesi dopo che gli era morta la nonna, prima che loro si trasferissero nella casa della morta che era rimasta vuota. La nonna lui non l'aveva mai conosciuta a parlarci perché lei non aveva mai voluto che la figlia sposasse il nipote e quando il martimonio era stato fatto lei non l'aveva voluta riconoscere più. Era una donna a cui rimaneva un ricordo strano, la nonna. Chi diceva che era buona come il pane e chi diceva che era terribile. La casa era rimasta ai due figli che stavano all'America e che era da prima della guerra che non scrivevano più. E allora ci sono andati a stare loro perché era più grande. Maddalena era entrata senza nemmeno fare un cenno quando lui aveva preso la chiave di nascosto e l'aveva aspettata dietro la porta. Era stata una cosa completamente naturale e lui non ci aveva mai trovato qualche cosa da ridire. Le aveva dato tutto il pane della colazione, due fette bianche circondate da un ovale scuro col prosciutto. Lei lo aveva mangiato a metà e poi aveva appoggiato le due mezze fette sui mattoni rosso cupo del camino.

Ora il Ceppo d'inverno era come invecchiato e intrinstito rispetto ad allora. Maddalena gli aveva fatto cenno con le mani che era contenta e che per questo ora non teneva più fame. Allora anche lui le aveva fatto cenno di essere contento e di non tenere fame e che perciò non mangiava le due mezze fette di pane che stavano sopra i mattoni rossi in fila del camino a venti centimetri da terra. Ma lei non aveva capito e si era immediatamente riannuvolata in viso. Allora lui aveva subito dovuto predere il pane dal camino e così aveva cominciato a mangiare, dalla parte dove aveva finito lei. Maddalena lo aveva guardato e si era rasserenata in viso e aspettava questo per cominciare. Aveva preso una coperta che aveva trovato nel cassettone e la metteva su due sedie rivolte con le spalliere l'una verso l'altra. Lui non aveva capito quello che Maddalena teneva in mente e la stava a guardare continuando a mangiare sempre più contro voglia. Poi Maddalena finì di lavorare e si sedette sotto la coperta e lo invitò a sedersi vicino a lei. La coperta lasciava appena appena lo spazio per starci seduti sotto. Si reggeva sullo schienale delle due sedie poste a un metro di distanza e ricadeva dall'altra parte ma Maddalena l'aveva messa per lungo in modo che ne avanzasse molta ai due lati e così facesse da contrappeso. Se uno non lo voleva fare apposta difficilmente sarebbe caduta. Prima ancora che avesse finito di mettere a posto la coperta Maddalena aveva interrotto il lavoro e gli aveva fatto una carezza sulla guancia destra come di vita da moglie e marito. Lui lo aveva capito bene per la prima volta.

Proprio lui e lei. Si sedette vicino a lei sui mattoni quadrati marroni del pavimento lucente che la nonna aveva fatto rifare soltanto sei mesi prima di morire. In quel momento si era sentito come liberare. Da quando Maddalena era entrata si era sentito addosso un'attesa che gli sembrava di sapere a perfezione ma che non sapeva riconoscere. Era come se nella sua memoria urgesse il ricordo di qualche cosa da lui vissuto con il sospetto però che si trattasse di un'esperienza altrui che non ricordava quando e da chi gli fosse stata detta. Aveva avuto anche paura ma forse si era trattato soltanto del batticuore dell'emozione.

Gli erano anche venuti in mente pensieri strani di una evasione impossibile. La stessa impressione di quando sognava di essere inseguito e avvertiva con terrore che non riusciva a correre anche se faceva di tutto per agitare le gambe svelte. Fino a quando prima ancora di voltarsi e di vedere che la paura era stata inutile e che nessuno lo inseguiva, si accorgeva che era un sogno pur continuando a dormire e allora si sentiva come liberare e poteva finalmente riposare. Ma era un riposo diverso dal normale, e così quando questa impressione lo prendeva da sveglio gli venivano cento pensieri diversi.

L'aveva detto anche a Maddalena. ``Tante volte non ti senti come una gru? - così aveva detto - Io tante volte mi ci sento, mi sento la voglia di fare l'uccello migratore. Ma come la gru, perchè tante volte pure io sto in bilico sopra una gamba solamente''.

Cominciava a tentare di spiegare ma aveva smesso subito perchè si era accorto che non poteva tutto a un tratto sebbene Maddalena gli aveva fatto capire che era contenta di vederlo parlare.

Ma lui non stava più in bilico in quel momento. Anzi finalmente, almeno per quel momento, voleva stare dove stava. E Maddalena poi non poteva sentire anche perché era probabile che stesse pensando a tutte altre cose. Maddalena poi gli si era appoggiata con la testa sul petto e lui la reggeva con le braccia attorno alle spalle. Lei si era rovesciata di dietro ma stava tutta rannicchiata attenta a non far cadere e nemmeno muovere la coperta spingendo la sedia. La fontanella alla gola le batteva precipitosamente e anche il petto le ansimava su e giù. Lui si era sentito attirato dal battito del suo collo e si era sentito pulsare il sangue nei polpastrelli premuti contro le spalle di Maddalena, in ritmo con le pulsazioni che vedeva in lei. Le aveva messo un dito sulla fontanella perché battessero insieme e poi si erano stretti per terra. Ora al ricordo si sentiva una tensione senza tenerezza per tutto il corpo mentre allora c'era stata solo la tenerezza. Si era sentito sempre calmo, allora, come sazio, e nei momenti in cui se lo ricordava pensava che proprio Maddalena avrebbe sposato in seguito se avesse potuto. Anche perchè nessuno più la voleva oramai. Prima non la volevano certamente per quel difetto, ora figuriamoci. Era successo il finimondo.

Aveva sentito il suo nome gridato e quasi non aveva capito all'inizio. Da dietro la persiana si vedevano nella piazza, dirimpetto alla porta della casa, una trentina di persone tra uomini e donne. Maddalena lo aveva seguito alla finestra e allora si era messa a piangere silenziosamente. La gente parlava evidentissimamente di lui e di Maddalena, fuori. Di Ceppo d'inverno e di Maddalena. Nella rabbia aveva dovuto prendere una decisione sbagliata ora che ci ripensava. Gli sembrava che nessuno avrebbe potuto vedere Maddalena entrare ma a quanto pare un qualche stramaledetto l'aveva vista e si era fatta gente. Lui uscì e chiuse a chiave la porta e cercò di far finta che non si era accorto di niente e che lui era stato a casa della nonna solo, per fatti suoi, e che adesso se ne andava. In un secondo tempo quando tutti se ne fossero andati sarebbe tornato a fare uscire Maddalena.

Ma non era andata così.

Mentre cercava di passare cercando di darsi un'aria normale, quasi inosservato, e tutti stavano zitti aspettando, erano arrivati suo padre e quello di Maddalena. Litigavano e bestemmiavano fino a intontire.

``Io non ti rispondo - diceva Biagio - chi di rustica progenie sempre villano fu''.

``Senti chi parla '' - diceva Caporale.

``Mio figlio è stupido non c'è che dire - diceva Caporale - è stupido e va bene, ma tua figlia, quella mezza pazza, non solamente è una muta ma già a quell'età è pure una puttana, questo per me. Ma pensaci tu a vedere di chi ha ripreso.''

Allora era venuta pure la madre di Maddalena e aveva sentito le ultime parole di Caporale.

``Senti come parla uno - aveva detto - Sentito da che pulpito viene la predica. Tuo figlio è stupido, si, ma allora tu pure eri stupido, Ginomitocca''.

A allora Caporale e Biagio si erano abbracciati a cazzotti.

``Ceppo d'inverno!''. Ubaldo lo aveva arrivato mentre scappava.

``Dammi la chiave figlio di una puttana - gli aveva detto Ubaldo - Fa' succedere qualche altro guaio che tu sia maledetto''.


FINE




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Nota


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